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Aspettativa sul lavoro: non retribuita o meno e cosa implica per le aziende

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9 minuti di lettura
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Come funziona l’aspettativa sul lavoro? Chi può richiederla?

Arrivano dei momenti nella vita di un dipendente nei quali una pausa dal lavoro non solo è consigliabile, ma addirittura necessaria. Ed è proprio in quei momenti che ogni azienda deve mostrarsi disponibile nel comprendere le esigenze dei propri lavoratori.

Sia la legge che vari contratti nazionali del lavoro tutelano i lavoratori riguardo a questo aspetto. Non si tratta solamente di evitare il burnout lavorativo dei dipendenti ma anche, e soprattutto, di incentivare la flessibilità delle aziende nel supportare le necessità di ogni collaboratore.

L’istituto dell’aspettativa sul lavoro può essere considerato dalle aziende anche come un nuovo strumento di talent management, che può offrire ad un dipendente che abbia bisogno di assentarsi dal lavoro la possibilità di essere reintegrato nel suo ruolo.

In questo modo, sia azienda non è costretta a perdere il capitale umano sul quale ha investito e il lavoratore ha la possibilità di soddisfare le proprie necessità.

Esistono vari tipi di aspettativa e in questo articolo andremo ad approfondire il tema: capiremo come funziona l’aspettativa, quando può essere richiesta al dipartimento di risorse umane e qual è la posizione delle aziende.

Sommario

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Cos’è l’aspettativa sul lavoro?

Partiamo come sempre dalle basi e andiamo a dare una definizione più chiara di aspettativa sul lavoro. Normalmente, qualsiasi rapporto di lavoro è definito e regolato da un contratto, nel quale vengono specificati obblighi e doveri del dipendente.

Vengono indicate le mansioni, gli orari lavorativi e le disposizioni da seguire affinché il rapporto lavorativo possa continuare e venga corrisposta la dovuta retribuzione. Il dipendente rispetta queste disposizioni e la prestazione di lavoro avviene in maniera naturale.

Ci sono situazioni, ciononostante, nelle quali il dipendente si trova nell’impossibilità di rispettare il contratto lavorativo per motivi che esulano dal suo controllo. Ed è proprio in questi casi che può essere concessa un’aspettativa sul lavoro.

Come funziona l’aspettativa sul lavoro

L’aspettativa sul lavoro rappresenta un periodo di assenza dal lavoro giustificato, durante il quale il dipendente è esonerato dalla prestazione del proprio servizio e può assentarsi senza il rischio di perdere il proprio posto di lavoro ne incorrere in provvedimenti disciplinari.

Per tutta la durata dell’aspettativa il lavoratore continua ad essere un dipendente della propria azienda, ma il rapporto di lavoro viene messo praticamente in “stand by”.

L’aspettativa può essere di due tipi, retribuita e non retribuita:

Oltre a questa divisione, c’è un’altro aspetto importante da considerare. L’aspettativa, infatti, può essere definita sia dalla legge, che dai vari CCNL (contratti nazionale del lavoro). Questo significa che, in base alla situazione e al settore lavorativo, un dipendente potrebbe avere accesso o meno ad alcuni tipi di aspettativa non retribuita o meno.

L’aspettativa sul lavoro, infatti, rappresenta un’eccezione rispetto al normale svolgimento del rapporto di lavoro. Quando viene prevista dalla legge, il diritto spetta a tutti i lavoratori indistintamente.

Quando invece viene prevista dai vari CCNL, particolari tipi di aspettativa sul lavoro possono essere richiesti solamente da quei dipendenti con un lavoro disciplinato da un contratto collettivo che preveda quelle specifiche casistiche. Ogni azienda dovrebbe conoscere con precisione il CCNL che regola i contratti dei propri dipendenti, per essere preparati nel caso in cui vengano avanzate delle richieste.

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Aspettativa sul lavoro prevista dalla legge

Come abbiamo detto, l’aspettativa sul lavoro può essere disciplinata da due tipi di fonti: la legge e i CCNL specifici. Quando si tratta di aspettativa non retribuita o retribuita prevista dalla legge, quest’ultima (se motivata) non può essere negata ad alcun lavoratore. La legge che regola nello specifico l’aspettativa sul lavoro è la n.53/2000 Vediamo i casi principali.

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Aspettativa sul lavoro per gravi motivi familiari

Questo tipo di aspettativa non retribuita viene prevista dalla legge n.53/2000 e comprende i casi nei quali si verifichino dei gravi motivi familiari, che possano portare il dipendente a doversi assentare. È previsto un congedo non retribuito per situazioni legate alla propria situazione personale oppure:

  • Del proprio convivente;
  • Dei parenti o affini entro il 3° grado se affetti da disabilità (anche non conviventi)
  • Del coniuge (o parte dell’unione civile), dei figli (anche se adottivi), dei genitori, generi e nuore, suoceri e suocere, fratelli o sorelle del dipendente

Secondo quanto previsto dal decreto ministeriale n.278/2000, tra i gravi motivi familiari sono inclusi:

  • Le contingenze familiari che derivino dal decesso di uno dei soggetti di cui sopra
  • Le situazioni che richiedano la presenza del dipendente o dei familiari nell’assistenza di uno dei soggetti di cui sopra
  • I casi di grave disagio personale subiti dal dipendente in prima persona
  • Le situazioni relative ai soggetti di cui sopra che derivino da comprovate malattie acute o croniche e che determinano la temporanea o permanente riduzione della loro autosufficienza
  • Le situazioni relative ai soggetti di cui sopra che richiedano assistenza continua da parte del dipendente o frequenti monitoraggi clinici
  • Le situazioni relative ai soggetti di cui sopra che richiedano la partecipazione attiva del familiare nel trattamento sanitario.

Il periodo di aspettativa non retribuita può avere una durata massima di 2 anni, usufruibili in maniera sia continuativa che frazionata, durante tutta la vita lavorativa del dipendente.

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Aspettativa sul lavoro per esigenze di formazione

Qui parliamo di un tipo di aspettativa non retribuita prevista per i dipendenti che vogliano investire nella propria formazione. L’art.5 della legge n.53/2000 prevede la possibilità per i dipendenti sia che privati di richiedere un periodo di aspettativa secondo i seguenti criteri:

  • Avere almeno cinque anni di anzianità di servizio presso la stessa azienda
  • Richiedere l’aspettativa per il completamento della scuola dell’obbligo
  • Richiedere l’aspettativa per il  conseguimento del titolo di studio di secondo grado, del diploma universitario o di laurea
  • Richiedere l’aspettativa per la partecipazione ad attività formative diverse da quelle finanziate dal datore di lavoro

Il dipendente può richiedere una sospensione del rapporto lavorativo per esigenze di formazione, per un periodo non superiore a 11 mesi (fruibili sia in modo continuativo che frazionati) da poter utilizzare durante tutto l’arco della vita lavorativa.

Durante questo specifico periodo di aspettativa non retribuita, il dipendente conserva il proprio posto di lavoro ma non ha diritto ad alcun tipo di retribuzione. L’aspettativa per esigenze formative, inoltre, non concorre alla formazione dell’anzianità di servizio e non è cumulabile né con giorni di ferie, né con malattie o altri tipi di congedo o ferie.

Riguardo all’aspetto contributivo, la legge prevede la possibilità per il dipendente di procedere al riscatto contributivo del periodo di aspettativa non retribuita, versando i relativi contributi che vengono calcolati secondo il criterio della prosecuzione volontaria.

La richiesta di aspettativa non retribuita per fini formativi deve essere presentata al datore di lavoro che ha il diritto di non accoglierla o, in alternativa, di spostarne l’accoglimento in caso di comprovate esigenze aziendali ed organizzative.

Aspettativa sul lavoro per volontariato

Le attività di volontariato vengono tutelate dalla legge italiana ed è per questo che il volontariato viene previsto come motivazione per la richiesta di un periodo di aspettativa. Nello specifico, all’interno del D.P.R. n.194/2001 viene specificato che il dipendente coinvolto in attività di soccorso e assistenza in vista o in occasione degli eventi individuati dal Decreto stesso, anche su richiesta del sindaco o di altre autorità di protezione civile, abbia diritto a:

  • Interrompere la prestazione lavorativa
  • Conservare il posto di lavoro
  • Ricevere il trattamento economico e previdenziale spettante da parte del datore di lavoro presso cui risulta impiegato

Per essere precisi, l’onere relativo alla retribuzione è posto a carico, in questo caso, del fondo per la retribuzione civile. Il datore, che anticipa in ogni caso le somme dovute, sarà quindi tenuto ad inviare una richiesta di rimborso all’Autorità della Protezione civile competente entro i 2 anni successivi al termine dell’intervento, dell’esercitazione o dell’attività di formazione a cui il dipendente ha preso parte.

Per poter ottenere il rimborso, la richiesta dovrà indicare specificatamente la qualifica professionale del dipendente, la retribuzione oraria o giornaliera spettante, le giornate di assenza effettiva dal lavoro e l’evento specifico riferito al rimborso, come anche le modalità di pagamento del rimborso stesso all’azienda.

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Aspettativa sul lavoro per assistenza ad un familiare portatore di handicap

Oltre che per i gravi motivi familiari di cui abbiamo parlato, l’aspettativa viene espressamente prevista dalla legge anche nei casi in cui il lavoratore abbia la necessità di assistere un familiare in situazione di handicap. In questo caso, la legge da il diritto al dipendente di richiedere al datore di lavoro un periodo di aspettativa non retribuita, della durata massima di tre anni.

Come alternativa, il lavoratore può anche richiedere dei permessi retribuiti in base alla legge 104, pari a 1 o 2 ore di al giorno (a seconda del tipo di contratto), convertibili anche in 3 giorni interi di permessi al mese.

La retribuzione relativa, nel caso in cui il dipendente scelga i permessi retribuiti anziché l’aspettativa non retribuita, dovrà essere corrisposta datore di lavoro, che provvederà sia al pagamento che al calcolo dei relativi contributi INPS.

👉  Leggi anche “Permessi non retribuiti: quanti giorni spettano e quando richiedere le ferie“.

Aspettativa sul lavoro per cariche pubbliche, elettive e attività sindacali

Anche l’attività pubblica viene tutelata dalla legge con la concessione di un’aspettativa non retribuita. Secondo la legge 300/70 i lavoratori eletti come membri del Parlamento nazionale o del Parlamento europeo, di assemblee regionali o che siano, ad ogni modo, incaricati di svolgere funzioni pubbliche elettive possono richiedere un’aspettativa non retribuita per tutta la durata del loro mandato.

Esattamente lo stesso avviene per i lavoratori che vengano incaricati di ricoprire cariche sindacali provinciali e nazionali. I periodi di aspettativa relativi all’esercizio di cariche pubbliche elettive sono sempre e comunque considerati utili ai fini del calcolo e del riconoscimento dei contributi necessari in relazione alla pensione del lavoratore.

Aspettativa sul lavoro prevista dai CCNL

Finora abbiamo parlato dei casi previsti dalla legge in cui deve essere concessa l’aspettativa sul lavoro a dipendente da parte del datore di lavoro. Esiste però anche un’altro tipo di possibilità, ovvero l’aspettativa prevista dai vari CCNL.

Stiamo parlando dell’aspettativa per motivi personali, ovvero di un’aspettativa non retribuita e che, non essendo prevista per legge, può essere rifiutata dal datore di lavoro a sua discrezione o in base alle esigenze di servizio. Vediamola più nello specifico.

Aspettativa sul lavoro per motivi personali

Nella vita di ognuno di noi possono verificarsi delle situazioni per le quali ci risulti complesso o, addirittura impossibile continuare a svolgere il nostro lavoro. Pensiamo a quando ad un dipendente nasce un figlio ed ha bisogno di stargli vicino, ad un evento particolarmente difficile da superare o alla necessità di prendersi una pausa e dedicarsi ad altro.

Come abbiamo visto, la legge prevede dei casi specifici in cui può essere richiesta un’aspettativa sul lavoro. Fuori da questi casi, è compito dei vari CCNL di prevedere alcune casistiche suppletive.

Le motivazioni personali in questione non devono essere relative a qualcosa in particolare ma semplicemente attenersi alla soddisfazione di un bisogno o di un’esigenza concretizzabile solo tramite l’assenza del dipendente dal proprio lavoro. Questa possibilità, in ogni caso, è prevista solo da alcuni CCNL, ed è quindi importante consultare il contratto di riferimento dei propri dipendenti.

Come funziona l’aspettativa per motivi personali

Capiamo meglio come funziona questo tipo di aspettativa. Innanzitutto, per poter richiedere un periodo di aspettativa per motivi personali è necessario accertarsi di quanto disposto, come detto, dal CCNL di riferimento, anche in merito alle modalità di richiesta previste.

Nella maggior parte dei CCNL, l’accoglimento o meno della domanda è completamente nelle mani del datore di lavoro che, come abbiamo visto, può accordare o negare l’aspettativa in base alla propria discrezionalità e alle esigenze organizzative dell’azienda.

Nel caso in cui venga concessa, quanto tempo è possibile richiedere?

L’aspettativa per motivi personali può essere richiesta per un massimo di 12 mesi all’interno della vita lavorativa del dipendente, usufruibili in un unica soluzione o frazionabili in più parti.

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Come richiedere l’aspettativa per motivi personali

Per richiedere l’aspettativa per motivi personali il dipendente dovrà inviare una domanda formale al proprio datore di lavoro, indicando ovviamente tutte le caratteristiche principali della richiesta:

  • Durata del periodo di assenza dal lavoro
  • Modalità di fruizione dell’aspettativa: continuativa o frazionata
  • Motivo legato alla richiesta di aspettativa

La domanda deve essere inoltrata direttamente al datore di lavoro, o al dipartimento aziendale competente, corredata dalla firma del dipendente.

Nel caso in cui venga negata la richiesta del dipendente, l’azienda è tenuta a specificare quali sono le motivazioni del diniego, ovvero quali sono le esigenze organizzative o di servizio che non hanno reso possibile permettere al dipendente di ottenere il periodo di aspettativa richiesto formalmente.

Nel caso in cui questa motivazione non venga fornita, il dipendente ha la facoltà di impugnare il diniego di fronte ad un giudice, per cercare di ottenere ugualmente l’aspettativa o, quantomeno, ottenere un motivo valido in relazione alla conferma del diniego.

Cosa comporta l’aspettativa per motivi personali

La scelta da parte del dipendente di richiedere un periodo di aspettativa per motivi personali arriva non senza alcune conseguenze. In primis, dal punto di vista economico. Come detto si tratta di un’aspettativa non retribuita e quindi al dipendente non verrà corrisposto nessuno stipendio né indennità durante al sua assenza.

Oltre a questo, anche l’aspetto di crescita professionale va considerato. Nel periodo di assenza per aspettativa richiesta per motivi personali, infatti, il dipendente smette di accumulare anzianità di servizio, con tutte le relative conseguenze: congelamento degli scatti di anzianità e impossibilità di accedere a promozioni interne riservate a dipendenti con una determinata anzianità di servizio.

L’ultimo aspetto da considerare è quello contributivo. Durante la sua assenza, infatti, il lavoratore dipendente non accumula contributi previdenziali e quindi vede congelata anche la propria situazione contributiva sino alla conclusione del periodo di aspettativa.

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Aspettativa sul lavoro: part time vs full-time

Una delle domande più comuni relativamente all’aspettativa sul lavoro è: che differenze ci sono, in questo caso, tra i contratti part-time e a tempo pieno. La risposta, in realtà, è molto più semplice di quello che potrebbe sembrare.

Non esiste infatti una vera e propria differenza tra le possibilità di  richiesta e concessione di un’aspettativa tra questi due tipi di contratto. Parlando di questo tema, in linea generale, vige il principio generale del riproporzionamento, ossia dell’assegnazione in maniera proporzionale.

Un contratto part-time con metà delle ore, quindi, potrà usufruire esattamente della metà dei periodi di aspettativa previsti per un contratto full-time. Ciò si applica sia per il numero dei giorni di ferie, che per tutte le altre tipologie di assenza o ferie del dipendente previste dalla legge o dai contratti collettivi nazionali di riferimento.

Isotta è Content Marketing Specialist in Factorial ed è appassionata di comunicazione, copywriting, social media e HR. Ama la natura, viaggiare e giocare a pallavolo.

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1 Comment

  • Salve a tutti.
    Rappresento qui il mio problema sperando di ricevere suggerimenti utili.
    Il 26 maggio 2022 scorso ho contratto il covid e sono stato assente fino al 3 giugno 2022.
    Già due giorni dopo, provando a chiamare telefonicamente alcuni colleghi e non ricevendo risposta, ho avuto il sentore che qualcosa non avrebbe più funzionato sul posto di lavoro.
    Difatti poi, contattando il mio responsabile, sento una risposta del tipo “quando uno è malato deve stare a casa”.
    Premesso che ho iniziato a sentirmi male il 26 maggio a metà mattinata (ora di pranzo) non vedo come sarei potuto rimanere a casa.
    Detto questo, al mio rientro al lavoro, mi trovo nella brutta situazione di non vedermi rivolta la parola da alcuni miei colleghi e che anche il mio compagno di squadra sta passando lo stesso problema.
    Vengo inoltre a sapere che tutti hanno già stabilito il periodo di ferie e che io sono stato costretto ad usufruire delle stesse obbligandomi quindi a fare le stesse da solo senza mia moglie ed i miei figli poiché il periodo è diverso; della serie o così o pomì.
    Scopro poi che alcuni dei miei colleghi si sono rifiutati di effettuare il turno di lavoro assieme a me.
    Capisco che chi leggerà penserà che stia raccontando fantascienza ma è la pura e semplice verità.
    Ora il problema è questo.
    Psicologicamente non voglio rientrare sul posto di lavoro a queste condizioni.
    Ho pensato al l’aspettativa ma qualsiasi suggerimento è buono.
    Ovviamente ho pensato di cambiare lavoro ma a 52 anni rimettersi in gioco e trovare lavoro è dura.
    Ringrazio anticipatamente.

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