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Aspettativa non retribuita: tutte le cause e come funziona per le aziende

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8 minuti di lettura
Come funziona l'aspettativa non retribuita - Factorial

Se un tuo dipendente richiede l’aspettativa non retribuita, sai come gestirla? Sai quali assenze sono retribuite e quali non lo sono?

Come sappiamo i dipendenti hanno diritto ad assentarsi da lavoro per vari motivi. Alcune assenze sono retribuite, è il caso delle ferie o del congedo di maternità, altre invece, non sono retribuite ma garantiscono al lavoratore di mantenere il posto di lavoro.

In questo articolo analizziamo tutti i casi in cui un lavoratore può chiedere l’aspettativa non retribuita, dalle assenze per motivi personali, alle assenze per studio e formazione. Vedremo inoltre come si richiedono, fugando tutte le curiosità e i dubbi sull’argomento.

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Cos’è l’aspettativa non retribuita 

L’aspettativa non retribuita si tratta di un periodo di tempo in cui non devi corrispondere alcuno stipendio, né hai la possibilità di licenziare legittimamente il lavoratore. La legge e i CCNL individuano tutti quei motivi (personali e familiari) per i quali un lavoratore può richiedere l’aspettativa non retribuita.

Le principali leggi e le norme sul tema a cui puoi fare riferimento sono:

In prima battuta possiamo dire che l’aspettativa non retribuita è nella maggior parte dei casi richiesta per gravi motivi personali e familiari, ad esempio in caso di malattia del coniuge o dei figli.

È ugualmente non retribuita l’aspettativa richiesta per cariche elettive e per le attività di formazione, o dottorato, e nel caso in cui un dipendente abbia problemi di tossicodipendenza. 

Analizziamo quindi caso per caso tutti gli scenari. 

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Aspettativa non retribuita per motivi personali 

Il primo punto da analizzare riguarda proprio l’aspettativa per motivi personali. 

In generale tutti i casi previsti della legge rientrano nel grande insieme dei motivi personali. 

Per questo motivo si può affermare che qualsiasi altra motivazione non elencata qui di seguito non solo non è prevista dalla legge ma non è neanche valida per l’ottenimento dell’aspettativa non retribuita.

Ad esempio, un lavoratore chiede un permesso o un ROL e non un’aspettativa se ha bisogno di alcuni giorni od ore per:

  • Ristrutturare casa 
  • Partecipare al matrimonio di un parente 
  • Seguire la recita del figlio

👉Sai cosa sono i permessi ROL in negativo? Scopri qui le differenze e tutti i dettagli al riguardo.

👉Leggi anche “Permessi di lavoro: la guida definitiva 2022 a tutte le tipologie”.

Gravi motivi familiari

L’aspettativa non retribuita per gravi motivi familiari può essere chiesta dal lavoratore quando ha necessità di assentarsi per motivi diversi da quelli previsti (e retribuiti):

  • Ferie 
  • Malattia 
  • Maternità
  • Assistenza ai familiari

Si tratta quindi di motivi eccezionali, da non confondere con i periodi di congedo retribuiti o con i congedi straordinari previsti dalla legge 104, non sempre esplicitati nei contratti di lavoro che dovrai analizzare caso per caso.

Ad esempio, non è previsto un periodo di aspettativa non retribuita per accudire il figlio in caso di malattia. Tuttavia, i genitori alternandosi possono chiedere dei permessi non retribuiti. Oppure un lavoratore può richiedere alcuni giorni di permesso aggiuntivi ai giorni concessi per superare un grave lutto.

Mentre l’aspettativa vera e propria per gravi motivi familiari può essere chiesta in caso d’infermità del coniuge (o convivente) o dei parenti fino al 2° grado.

In quest’ultimo scenario i tuoi dipendenti possono usufruire dell’aspettativa non retribuita sia in maniera continuativa sia frazionata per un periodo comunque non superiore ai due anni. Nei due anni sono compresi anche i giorni festivi e non lavorativi.

Il periodo di assenza inoltre non permette al lavoratore né di maturare l’anzianità né è utile ai fini pensionistici.

Come datore di lavoro puoi concedere o non concedere l’aspettativa. Tuttavia, in caso di diniego dovrai motivare la decisione facendo leva su necessità aziendali e di forza maggiore tali da non permetterti di accettare la richiesta.  

Formazione

Sia i lavoratori pubblici sia privati possono fare richiesta dell’aspettativa non retribuita per completare la propria formazione o per dedicarsi ad attività formative.

La legge stabilisce che il periodo di tempo può essere massimo di 11 mesi e può essere usufruito in maniera frazionata o continuata.

Per formazione si intende che il lavoratore ha diritto a un periodo di tempo per:

  • Terminare la scuola dell’obbligo
  • Conseguire la maturità 
  • Conseguire una laurea 
  • Svolgere altri corsi di formazione

Anche in questo caso dovrai garantire al lavoratore il mantenimento del posto. Hanno diritto a presentare la richiesta i soli dipendenti che hanno maturato almeno 5 anni di servizio nella tua azienda. 

In caso di motivate esigenze produttive e organizzative puoi non accogliere la richiesta.

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Dottorato 

Per quanto riguarda il dottorato il periodo di aspettativa è previsto per il solo settore pubblico. La notizia è rilevante e la si apprende consultando la legge 240/2010. Pertanto, i tuoi dipendenti non possono chiedere l’aspettativa nel caso in cui risultino ammessi in un corso di dottorato, ma possono chiedere dei permessi studio pari a 120 ore l’anno non retribuite. 

Cariche pubbliche

Per quanto riguarda l’aspettativa non retribuita chiesta da un lavoratore per svolgere una carica pubblica, devi sapere che i tuoi dipendenti ne hanno diritto per tutta la durata del mandato.

Ciò vale nel caso il lavoratore sia eletto come:

  • Parlamentare italiano o europeo 
  • Membro del consiglio regionale

A differenza dei casi precedentemente analizzati, durante mandato il dipendente matura l’anzianità di servizio, ma ugualmente non matura:

Differente è il caso in cui il lavoratore sia eletto presso un’amministrazione locale. L’aspettativa in questo caso non è prevista ma il dipendente neo eletto può chiedere dei permessi retribuiti fino a un massimo di 24 ore al mese, a condizione che queste ore siano utilizzate per lo svolgimento dell’attività politica. 

Volontariato 

Le aspettative non retribuite per volontariato sono disciplinate dai CCNL. Tendenzialmente sono previste sia per i lavoratori del settore pubblico sia privato. La legge sul tema si esprime solo nel caso in cui l’attività di volontariato sia svolta presso un’organizzazione presente nell’elenco delle Agenzie della Protezione Civile.

In tal caso, dovrai concedere un periodo di aspettativa di 30 giorni continuativi e per un massimo di 90 giorni frazionati l’anno.

L’aspettativa per volontariato non è retribuita, salvo nel caso in cui il dipendente faccia parte di un’associazione inserita nell’elenco nazionale. La retribuzione è a carico del datore, il quale però può chiedere un rimborso alla Protezione Civile. 

Tossicodipendenza 

Nel caso un tuo lavoratore abbia problemi di tossicodipendenza ha diritto a chiedere un periodo di aspettativa non retribuito della durata pari al programma riabilitativo. Puoi concedere l’aspettativa e quindi garantire la conservazione del posto di lavoro nel solo caso in cui la tossicodipendenza sia accertata da un ente abilitato (i SERT).

L’aspettativa, che può essere fruita anche in modo frazionato, oltre a non essere retribuita non permette al lavoratore di maturare l’anzianità e la pensione.

Tale diritto può essere inoltre esercitato dal dipendente anche nel caso in cui debba prendersi cura di un familiare tossicodipendente, a condizione che il SERT ritenga necessaria l’assistenza di una figura esterna. 

Richiedere l’aspettativa non retribuita

Qualora un dipendente rientri in uno dei casi elencati in precedenza allora può chiedere l’aspettativa non retribuita.

Il dipendente non è tenuto né a contattare l’INPS né i sindacati, ma deve presentare tutte le documentazioni del caso al fine di giustificare il motivo della futura assenza. Pertanto, allegato alla richiesta, preferibilmente presentata in forma scritta, prima di accettare (o rifiutare) dovrai consultare la documentazione fornita. 

Il dipendente può quindi scrivere una lettera A/R oppure inviare una PEC al datore di lavoro, accertandosi di riportare dati quali: 

  • Nome 
  • Posizione lavorativa 
  • Periodo di aspettativa richiesto
  • Motivazioni 
  • Data

In allegato è necessario presentare la documentazione attestante le motivazioni riportate nella lettera. 

Quando e come interrompere l'aspettativa non retribuita?

L’aspettativa non retribuita si interrompe nel momento in cui cessano le motivazioni che hanno spinto il lavoratore a farne richiesta.

Non è necessario compilare alcun documento formale, può essere sufficiente uno scambio di e-mail con il reparto HR o direttamente con il titolare. Fermo restando che la durata varia a seconda dei casi e comunque non è mai superiore ai due anni, un lavoratore può quindi liberamente accordarsi con il datore, scegliendo di tornare in azienda anche in modo frazionato. 

Ad esempio, in caso di aspettativa per formazione questa si interrompe una volta terminato il corso di studi, in caso di volontariato è la fine dell’emergenza a determinare la fine dell’aspettativa, così come in caso di cariche elettive, la fine del mandato determina la fine del periodo di assenza. 

Aspettativa non retribuita: puoi negare la richiesta? 

Come anticipato hai diritto a negare la richiesta di aspettativa non retribuita qualora dovessi ritenere illegittime le motivazioni o qualora le esigenze aziendali non ti permettano di rinunciare alla risorsa.

Dovresti porre massima attenzione prima di decidere sul da farsi. Concedere l’aspettativa implica che il lavoratore ha diritto a conservare il posto di lavoro e quindi non è possibile licenziarlo per giusta causa.

Non concedere l’aspettativa è per alcuni aspetti ancor più rischioso. Oltre a essere una decisione che con ogni probabilità mina la serenità del lavoratore, qualora i motivi alla base siano ritenuti illegittimi potrebbero causare contenziosi e richieste di dimissioni per giusta causa. 

Aspettativa non retribuita: cosa succede ai contributi 

È doveroso soffermarci su cosa succede ai contribuiti durante il periodo di aspettativa non retribuita. Considerato che il periodo di tempo fruito dai tuoi lavoratori non rientra né tra i permessi né tra i congedi retribuiti, non dovrai versare alcun contributo, anche se alla base vi sono motivi personali o familiari. 

Tuttavia, bisogna fare alcune distinzioni. Nel caso in cui il periodo sia richiesto per motivi di studio, il lavoratore può facoltativamente decidere di versare i contributi ai fini pensionistici, mentre non ha alcun modo per maturare giorni di ferie o congedi

Nel caso in cui l’aspettativa venga fruita per cariche pubbliche, il lavoratore può chiedere e ottenere il riconoscimento dei contributi figurativi.

Questi ultimi sono particolari contributi previdenziali che pur non comportando alcuna spesa al lavoratore o al datore di lavoro concorrono alla determinazione della pensione e all’ammontare del futuro assegno pensionistico. Questo particolare accredito è previsto in casi particolari tra cui rientra il periodo di aspettativa non retribuito per cariche elettive. 

Malattia durante l’aspettativa non retribuita

Il tema dell’aspettativa non retribuita è talmente vasto che potrebbero sorgere diversi dubbi. Uno di questi è: “Cosa succede se un dipendente si ammala durante l’aspettativa non retribuita?”. 

A questa domanda risponde l’ARAN, la quale fornisce un orientamento che a buona ragione può essere seguito anche dal settore privato. 

Secondo l’agenzia poiché a livello giuridico l’aspettativa non retribuita rientra tra i casi di sospensione del lavoro, ne consegue che la malattia non interrompe il periodo di aspettativa

In altri termini, il lavoratore non può chiedere la retribuzione o l’indennità prevista in caso di malattia se questa si verifica durante un periodo di aspettativa non retribuito.  

Lavorare durante l’aspettativa non retribuita 

Un altro punto sul quale focalizzarsi risponde alla domanda: “Un dipendente può pensare di farsi assumere da un’altra azienda durante il periodo di aspettativa non retribuita?”. Lecitamente dopo tanti mesi in cui il lavoratore non si reca a lavoro, potrebbe venirti il dubbio.

In tal caso sarai contento di sapere che la legge impedisce tale situazione: il lavoratore in aspettativa non retribuita non può stipulare accordi con altri datori di lavoro.

Qualora dovessi trovarti a gestire una simile situazione, dovresti come sempre mostrarti un buon datore di lavoro, cercando di mediare e trovare un accordo con il lavoratore prima d’intraprendere qualsiasi lunga e spinosa azione legale che in ultimo potrebbe comunque riconoscere il diritto di licenziare il dipendente per giusta causa.

Ti invito comunque a gestire la situazione con attenzione. Alcuni CCNL prevedono la possibilità che il lavoratore trovi impiego presso un’altra organizzazione durante l’aspettativa, altri contratti, invece, riportano espressamente il divieto di collaborare per attività concorrenti. 

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Aspettativa non retribuita: le conclusioni 

Dover gestire una richiesta di aspettativa non retribuita in azienda a volte significa far fronte a una situazione molto delicata, in particolare se l’aspettativa sia stata chiesta per gravi motivi familiari.

Come datore non solo dovrai riorganizzare rapidamente l’attività per far fronte all’assenza del lavoratore ma anche, per quanto possibile, dare il tuo appoggio e solidarietà al dipendente in difficoltà, adoperandoti poi per integrarlo il più rapidamente possibile in azienda una volta terminato il periodo di aspettativa. 

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Nata a Firenze e laureata in Scienze Politiche (in particolare Comunicazione e Giornalismo) all’Università di Firenze. In Italia ha lavorato come giornalista ed ha collaborato con diversi siti web dedicati al mondo dell’attualità. Adesso vive a Barcellona ed è Content Marketing Specialist in Factorial e si occupa della creazione dei contenuti del mercato italiano. Il suo obiettivo è dare supporto, ispirazione e strumenti per far conoscere il mondo delle Risorse Umane e far crescere la community HR. Ama l’avventura, la natura, viaggiare e giocare a pallavolo.

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