Quali sono le novità sui licenziamenti bloccati? Fino a quando sarà in vigore il blocco dei licenziamenti?
La pandemia da coronavirus ha letteralmente sconvolto il mondo del lavoro. Il colpo per l’economia è stato durissimo e molte imprese si sono viste costrette in molti casi a dover prendere delle decisioni drastiche.
Oltre al rinforzo degli ammortizzatori sociali, nell’ottica di tutelare i lavoratori nei confronti di un imminente licenziamento in questo scenario il Governo, fin dall’inizio dell’emergenza, ha varato quello che viene comunemente definito come “blocco dei licenziamenti”, ovvero una misura legislativa che impedisce alle aziende di licenziare i propri dipendenti fino ad una determinata data.
Il blocco dei licenziamenti, secondo quanto disposto dal decreto n.41/2021, detto Decreto Sostegni, è stato prorogato al 30 giugno a livello generale e per le aziende che hanno usufruito di ammortizzatori sociali ordinari, mentre è stato prorogato al 31 ottobre per quelle che hanno usufruito degli ammortizzatori sociali legati all’emergenza Covid.
La normativa sui licenziamenti bloccati scadeva inizialmente (e per alcune imprese ancora è così), come detto, al 30 giugno 2021. La domanda che sorge spontanea, però, è: cosa succede dopo?
Per questo motivo è stato recentemente pubblicato in Gazzetta Ufficiale una seconda versione del decreto sui licenziamenti bloccati, chiamata Decreto Sostegni bis. Era stata ipotizzata una mini proroga fino al 28 agosto, che però è non è stata successivamente inserita all’interno del decreto.
In questo articolo cerchiamo di capire meglio qual è la situazione relativa ai licenziamenti bloccati, quali sono le reali scadenze per il blocco dei licenziamenti e le cose più importanti da sapere per le aziende.
Sommario
Licenziamenti bloccati: le due scadenze principali
Come abbiamo anticipato nell’introduzione, con il Decreto Ristori dello scorso marzo sono state previste due scadenze principali per quanto riguarda i licenziamenti bloccati:
- il 30 giugno per le aziende che che dispongono di CIG ordinaria e CIG straordinaria
- il 31 ottobre per tutte le altre aziende che usufruiscono di strumenti in deroga
Molti hanno pensato che le scadenze qui sopra fossero riferite solamente alle aziende che hanno usufruito degli ammortizzatori sociali covid 19. In realtà il criterio di base comprende da una parte le aziende che possono far ricorso alla CIGO e, dall’altra, tutte le altre aziende. Resta pur vero che la differenziazione fatta dalla norma tiene in considerazione anche l’accesso all’integrazione salariale speciale Covid 19, la quale cessa definitivamente al prossimo 30 giugno.
Altra discriminante importante è la dimensione e la struttura delle aziende: le imprese più grandi e strutturate, le quali dispongono spesso anche di una rappresentanza sindacali al proprio interno, possono attivare varie integrazioni ordinarie e straordinarie, come anche i cosiddetti contratti di solidarietà.
Le imprese più piccole e meno strutturate (come, ad esempio, le micro imprese con meno di 6 dipendenti) hanno come unico strumento a tutela del proprio business e dei propri collaboratori la Cassa integrazione in deroga, la quale è stata riattivata in via eccezionale a seguito dello scoppio della crisi economica portata dal coronavirus.
Per queste ultime imprese, che rappresentano una larghissima parte del tessuto produttivo del Paese, il Governo ha deciso di prevedere una proroga degli ammortizzatori sociali covid 19 portando le attuali 28 settimane previste a 40 (se cumulate a quelle del 2021) che possono essere usufruite fino alla fine dell’anno.
All’orizzonte verso la fine dell’anno, una possibile riforma degli ammortizzatori sociali potrebbe finalmente portare maggiore chiarezza sul futuro della situazione relativa alla gestione dei licenziamenti bloccati.
👉 Qui trovi un articolo dove approfondiamo come funziona il ticket licenziamento 2021 e quali sono gli importi.
Licenziamenti bloccati fino a giugno 2021: come funziona
Secondo quanto disposto dal Decreto Sostegni il blocco dei licenziamenti fino al 30 giugno 2021 sarà vigente per le aziende di qualsiasi dimensione per impedire il ricorso a licenziamenti collettivi, individuali o plurimi per giustificato motivo oggettivo.
Blocco licenziamenti 2021: individuali o plurimi per giustificato motivo oggettivo
I licenziamenti sia individuali che plurimi per giustificato motivo oggettivo rappresentano tutte quelle casistiche nelle quali l’interruzione del rapporto di lavoro avviene per volontà unilaterale del datore di lavoro, a seguito di cause che riguardano crisi produttive, cambi nell’organizzazione stessa del lavoro o il suo regolare funzionamento. Ne sono un esempio concreto:
- La soppressione della mansione o del reparto a cui è preposto il singolo lavoratore, anche successivamente a una ridistribuzione delle funzioni
- Riduzione o mancanza di finanziamenti pubblici
- Crisi economica provocata da un improvviso o graduale un calo del fatturato
In particolare, il licenziamento per GMO è legittimo se:
- La riorganizzazione aziendale dell’impresa è concreta e non fittizia, ovvero architettata al solo fine di interrompere il rapporto con il lavoratore
- Sussiste un reale rapporto di causa ed effetto tra la riorganizzazione aziendale e il licenziamento (ovvero tale processo porta effettivamente al licenziamento)
- Il dipendente da licenziare viene individuato seguendo i principi di buona fede e correttezza
- L’azienda verifica opportunamente, prima di ricorrere al licenziamento, l’impossibilità di poter adibire il lavoratore a mansioni alternative
- Il datore di lavoro rispetta il periodo di preavviso imposto dal CCNL di riferimento
Fine blocco licenziamenti: licenziamenti collettivi
Qui parliamo invece di licenziamenti di tipo collettivo, ovvero che riguardano più dipendenti contemporaneamente. Per le aziende con organici da più di quindici dipendenti che, a seguito di una riduzione, trasformazione o cessazione della propria attività produttiva, intendano procedere ad almeno cinque licenziamenti in un arco temporale di 120 giorni (sia che si stia parlando di in un’unica unità produttiva che di più unità produttive nell’ambito della stessa provincia) sono obbligate ad avviare una procedura chiamata di licenziamento collettivo.
Quest’ultima si apre con una comunicazione da inviare, da parte dell’azienda indirizzata alle rappresentanze sindacali interne all’azienda (oppure, nel caso in cui non fossero presenti, alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale) in cui viene espressamente dichiarata l’intenzione di ricorrere a dei licenziamenti collettivi.
L’ente ricevente la comunicazione (rappresentanze sindacali o associazioni di categoria) hanno la possibilità di richiedere una verifica congiunta entro e non oltre i 7 giorni dal ricevimento della comunicazione stessa.
Se la verifica congiunta dovesse dare esito negativo (o non dovesse essere effettuata), può essere necessario l’intervento dell’Ispettorato del lavoro territoriale il quale può decidere di convocare sia l’azienda in questione che le organizzazioni sindacali per riuscire a trovare un punto d’incontro.
Per quanto riguarda i licenziamenti collettivi, i criteri utilizzati per la scelta dei lavoratori da licenziare possono essere definiti direttamente nell’accordo sindacale, in base a:
- Carichi e responsabilità famigliari
- Anzianità di servizio
- Esigenze tecnico-produttive ed organizzative
Tali criteri vanno valutati accuratamente e, in ogni caso, va effettuata una valutazione che tenga conto del contesto particolare e dello stato organizzativo e produttivo dell’azienda nel momento in cui il licenziamento viene proposto.
Licenziamenti bloccati covid: proroga al 31 ottobre per le aziende che accedono agli ammortizzatori sociali
Passiamo ora a parlare dell’altra importante data che riguarda i licenziamenti bloccati per il 2021. Secondo il decreto Sostegni, fino al 31 ottobre 2021 non rischiano di perdere il proprio posto di lavoro (sempre parlando di licenziamenti per giustificato motivo oggettivo) i dipendenti di aziende che abbiano sospeso o ridotto la propria attività a causa di eventi riconducibili all’emergenza sanitaria da COVID-19, sfruttando gli ammortizzatori sociali previsti dal Decreto stesso. Nello specifico, parliamo dei seguenti ammortizzatori:
- La cassa integrazione guadagni in deroga (CIGD)
- L’assegno ordinario (ASO) erogato dal Fondo di integrazione salariale (FIS)
- Cassa integrazione salariale operai agricoli (CISOA)
La legge prevede infatti che le aziende possano usufruire di:
- 28 settimane di cassa integrazione in deroga o assegno ordinario nel periodo che va tra il 1° aprile e il 31 dicembre 2021
- 120 giorni di CISOA nel periodo che va dal 1° aprile al 31 dicembre 2021
L’accesso a questi ammortizzatori sociali da parte delle imprese è gratuito (ossia non è richiesto alcun contributo aggiuntivo all’INPS) ma ha come “conseguenza” l’estensione del suddetto blocco dei licenziamenti fino alla fatidica data del 31 ottobre 2021, a differenza degli altri casi nei quali il blocco dei licenziamenti terminerà il prossimo 30 giugno.
Proroga licenziamenti bloccati a ottobre: quali sono i licenziamenti vietati?
In tutti i casi sopra citati, ovvero l’accesso ad ammortizzatori sociali a seguito dell’emergenza covid la proroga dei licenziamenti bloccati al 31 ottobre 2021 vieta alle aziende di:
- Procedere a licenziamenti collettivi
- Procedere a licenziamenti per giustificato motivo oggettivo attraverso rescissioni individuali o plurime
Oltre a questo, rimangono sospese anche tutte le procedure di licenziamento collettivo in corso di svolgimento avviate successivamente al 23 febbraio 2020, nonché le procedure di conciliazione obbligatoria in corso, secondo quanto previsto dall’articolo 7 della legge n. 604/1966.
Blocco dei licenziamenti: per le aziende c’è il contratto di solidarietà
Dopo il 30 giugno, che per alcune aziende rappresenta la fine dei licenziamenti bloccati, le stesse non solo potranno beneficiare del contratto di espansione che viene portato al limite dei 100 dipendenti, ma in particolare del contratto di solidarietà.
In particolare si dedica alla misura un articolo specifico stabilendo che le imprese che nel primo semestre 2021 hanno subito un calo del fatturato del 50% rispetto al primo semestre dell’anno 2019 possono presentare domanda di cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga alle disposizioni di cui agli articoli 4 e 21 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 per una durata massima di 26 settimane nel periodo tra la data di entrata in vigore del decreto e il 31 dicembre 2021.
La domanda deve essere accompagnata da una preventiva stipula di accordi collettivi aziendali di riduzione dell’attività lavorativa dei lavoratori in forza alla data di entrata in vigore del decreto (26 maggio 2021) finalizzati al mantenimento dei livelli occupazionali nella fase di ripresa delle attività dopo l’emergenza epidemiologica.
Lo stesso decreto Sostegni bis stabilisce che la riduzione media oraria non può essere superiore all’80% dell’orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati dall’accordo collettivo.
Per ciascun lavoratore inoltre la percentuale di riduzione complessiva dell’orario di lavoro non può essere superiore al 90% nell’arco dell’intero periodo per il quale l’accordo collettivo è stipulato.
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Blocco licenziamenti Draghi: per le imprese c’è il contratto di rioccupazione
Oltre al contratto di solidarietà, sono varie le misure adottate dal Governo Draghi per aiutare le aziende a superare il blocco dei licenziamenti dopo il 30 giugno, e sono contenute nell’aggiornamento del decreto definito “Sostegni bis”. A sostegno dell’occupazione viene introdotto il contratto di rioccupazione, che viene definito dall’esecutivo come uno degli elementi più importanti del decreto stesso.
Il contratto di rioccupazione verrà attivato a partire dal 1° luglio e fino al 31 ottobre 2021 e prevederà un periodo di prova di 6 mesi per l’inserimento lavorativo di un disoccupato per il quale il datore di lavoro potrà beneficiare di un esonero contributivo del 100% sino alla soglia dei 6mila euro di importo complessivo.
Ovviamente, il contratto dovrà essere stipulato in forma scritta per essere valido e il periodo di prova dovrà corrispondere a un progetto individuale volto all’inserimento lavorativo, con il fine di a supportare l’adeguamento delle competenze professionali del lavoratore al nuovo ambiente di lavoro.
L’azienda, in questo caso, non potrà più beneficiare dell’esonero contributivo nel caso in cui licenzi il lavoratore in questione o un altro lavoratore della stessa unità produttiva che abbia lo stesso inquadramento durante lo svolgimento o anche al termine del suddetto periodo di prova di 6 mesi. Lo sgravio contributivo non spetta neanche nel caso in cui si verifichino dei licenziamenti nella medesima unità produttiva nei 6 mesi che precedono l’assunzione del lavoratore.
Come si suol dire in questi casi, oltre al danno anche la beffa. L’importo dell’esonero contributivo, nel caso si violino i termini previsti dal decreto, non solo viene interrotto ma dovrà anche essere restituito. Le modalità di assunzione previste per l’azienda al termine del periodo di prova sono quelle del contratto indeterminato, a meno che non si decida di procedere alla rescissione.
Il pacchetto lavoro contenuto nel decreto Sostegni bis, non si ferma solamente al blocco dei licenziamenti ma prevede aiuti anche per i giovani definiti Neet (Not in Education, Employment or Training) ossia quelli che non stanno lavorando, non stanno studiando e non cercano nemmeno un’occupazione. E stato istituito un fondo da 20 milioni di euro per permettere alle aziende di attivare scuole di specializzazione nei settori manifatturiero, tessile e cantieristico e poter così assumere nuova manodopera giovane e qualificata.
Proroga blocco licenziamenti 2021: il parere dell’UE
La proroga del blocco dei licenziamenti proposto dal Governo Draghi incontra la forte perplessità delle aziende, da una parte, ma anche dalla stessa Commissione Europea, che non ha esitato nel definire “poco efficace” questa manovra.
D’altra parte, cassa integrazione e blocco dei licenziamenti sono strettamente collegati: sono volti da un lato alla tutela di tutti quei lavoratori a rischio di perdere il proprio posto di lavoro da qui ai prossimi mesi, e dall’altro a incentivare il ricollocamento nel mercato del lavoro dei lavoratori stessi.
Lo stesso Commissario UE per il lavoro, Nicolas Schmidt, sostiene che l’Italia non dovrebbe congelare il mercato del lavoro, ma favorire una naturale transizione, anche sfruttando i fondi previsti dal Recovery Plan.
Scritto da Matteo Pizzinato