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Assenza ingiustificata equiparata alle dimissioni volontarie: cosa dice la normativa

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8 minuti di lettura
Assenza ingiustificata equiparata alle dimissioni volontarie: cosa dice la normativa

Fino al maggio 2022 era prassi comune da parte di alcuni dipendenti di fare assenza ingiustificata. Lo scopo era quello di forzare il datore di lavoro ad attivare la procedura di contestazione disciplinare, portando al licenziamento per giusta causa del dipendente. Il risultato per il dipendente era quella di avere diritto alla Naspi, l’indennità di disoccupazione, in quanto aveva perso involontariamente il lavoro.

Questa pratica è stata contrastata dalla sentenza del Tribunale di Udine del 2022, che ha stabilito che l’assenza ingiustificata prolungata equivale a dimissioni di fatto, anche senza la comunicazione telematica prevista dalla legge. In questo modo, il lavoratore perde il diritto alla Naspi, in quanto si considera che abbia reciso volontariamente il rapporto di lavoro. Inoltre, il datore di lavoro può chiedere il risarcimento del danno per il ticket Naspi, ossia la tassa di licenziamento che deve versare all’Inps per finanziare gli ammortizzatori sociali.

In questo articolo vedremo cos’è un’assenza ingiustificata, come comportarti in caso un dipendente si assenti senza giustificazione, e come destreggiarti nel labirinto legale che regola le conseguenze di tale comportamento.

Sommario

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Che cos’è un’assenza ingiustificata

Un dipendente fa un’assenza ingiustificata quando non si presenta a lavoro senza comunicare né l’assenza né le motivazioni della stessa.

Questo tipo di assenza viola l’articolo 1375 del codice civile, secondo cui:

Il contratto deve essere eseguito secondo buona fede.

Un dipendente che sparisce senza comunicare trasgredisce il principio di buona fede, non rispettando gli obblighi derivanti dal rapporto di lavoro e danneggiando gli interessi del datore di lavoro.

È importante saper riconoscere un’assenza ingiustificata da una giustificata perché da essa derivano diverse conseguenze per il dipendente e per il datore di lavoro.

  • Un’assenza giustificata è quella che avviene per cause di forza maggiore o per motivi personali o familiari, purché sia comunicata al datore di lavoro e documentata adeguatamente. Può essere dovuta a una malattia, a un lutto, a un matrimonio o a una convocazione giudiziaria.
  • Un’assenza ingiustificata è quella che avviene senza una causa legittima e senza comunicare al datore di lavoro né l’assenza né le motivazioni della stessa. Può essere dovuta a una vacanza non autorizzata, a una protesta sindacale o a una semplice negligenza.

In caso di assenza ingiustificata il dipendente rischia di subire sanzioni disciplinari che possono arrivare fino al licenziamento per giusta causa, e di perdere il diritto alla retribuzione e agli ammortizzatori sociali.

In quanto datore di lavoro hai il diritto di contestare l’assenza ingiustificata e di chiedere il risarcimento del danno per il ticket Naspi.

Quali provvedimenti vanno presi in caso di assenza ingiustificata

L’assenza ingiustificata di un dipendente dal lavoro è una violazione dei suoi obblighi contrattuali e può causare danni all’azienda e ai colleghi. Devi quindi intervenire tempestivamente per sanzionare il comportamento illecito e prevenirne la ripetizione.

Ma non devi subito assumere il peggio e pensare che il dipendente sia in mala fede o voglia abbandonare il lavoro.

Possono capitare situazioni impreviste o difficili che impediscono al dipendente di comunicare la sua assenza o le sue motivazioni. Cerca di entrare in contatto con il dipendente e di stabilire cosa sia successo prima di procedere con i provvedimenti disciplinari. Questo può aiutare a chiarire eventuali malintesi e a mantenere un clima di fiducia e collaborazione tra le parti.

Ecco i passi da seguire per gestire una situazione di assenza, tenendo conto delle norme vigenti e dei principi di proporzionalità e buona fede:

  1. Verifica l’effettiva assenza del dipendente e le sue eventuali giustificazioni.
  2. Invita il dipendente a fornire una spiegazione scritta entro un termine stabilito.
  3. Valuta la gravità dell’assenza e le circostanze del caso.
  4. Adotta il provvedimento disciplinare più adeguato, rispettando le procedure previste dal contratto collettivo e dal codice disciplinare applicabili. I provvedimenti possono essere:
  5. Comunica al dipendente il provvedimento adottato e le sue motivazioni.
  6. Decurta la retribuzione corrispondente ai giorni di assenza ingiustificata.
  7. Richiedi al dipendente un risarcimento per il danno subito, se quantificabile e dimostrabile.

Una volta stabilito che si tratta effettivamente di assenza ingiustificata e avviato la pratica di licenziamento, potresti chiederti se il dipendente possa essere considerato dimissionario.

Nella prossima sezione vedremo quali sono i criteri e le condizioni per riconoscere le dimissioni per assenza ingiustificata e quali sono le conseguenze per il datore di lavoro e per il dipendente.

L’assenza ingiustificata va equiparata alle dimissioni volontarie

Quando un dipendente si assenta dal lavoro senza giustificazione e senza comunicarti le sue intenzioni puoi ipotizzare che abbia rinunciato al rapporto di lavoro. In questo caso si parla di dimissioni per assenza ingiustificata o dimissioni tacite.

Si tratta di una forma di recesso unilaterale del contratto di lavoro da parte del dipendente che non richiede una manifestazione esplicita della sua volontà, ma si desume dal suo comportamento omissivo.

Tuttavia, le dimissioni per assenza ingiustificata non sono automatiche e scontate. Perché siano valide e legittime, devono verificarsi alcune condizioni:

  • L’assenza deve essere ingiustificata, cioè non motivata da cause legittime (malattia, infortunio, permessi) o autorizzata dal datore di lavoro.
  • L’assenza deve essere prolungata e continuativa, cioè superiore a un certo periodo di tempo stabilito dalla legge o dal contratto collettivo. In genere si considera un’assenza prolungata quella superiore a 10 giorni lavorativi consecutivi.
  • L’assenza deve essere volontaria e consapevole, cioè il dipendente deve essere a conoscenza dei suoi obblighi contrattuali e delle conseguenze del suo comportamento. Non si può parlare di dimissioni tacite se il dipendente è impossibilitato a comunicare la sua assenza per cause di forza maggiore.
  • L’assenza deve essere un completo abbandono del posto di lavoro, cioè il dipendente deve manifestare la sua intenzione di non riprendere il rapporto di lavoro. Non si può parlare di dimissioni tacite se il dipendente ha solo trascurato o ritardato la comunicazione della sua assenza o se ha manifestato la sua disponibilità a rientrare.

Queste condizioni derivano dalla sentenza n. 20 del 27/05/2022 del Tribunale di Udine, che ha confermato l’orientamento già espresso dallo stesso Tribunale con la sentenza n. 106 del 30/09/2020.

In sostanza, il Tribunale ha ritenuto che l’assenza ingiustificata prolungata e continuativa di un dipendente, accompagnata dalla manifesta volontà di essere licenziato per poter beneficiare della Naspi, costituisce una forma di dimissioni per fatti concludenti, con conseguente risoluzione automatica del rapporto di lavoro.

Per evitare controversie e contenziosi ti consigliamo di inviare al dipendente una lettera raccomandata con ricevuta di ritorno in cui gli chiedi di chiarire la sua situazione lavorativa entro un termine stabilito.

Se il dipendente non risponde o conferma la sua volontà di recedere dal contratto puoi considerare le sue dimissioni tacite e comunicargliele con una seconda lettera raccomandata con ricevuta di ritorno.

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Assenza ingiustificata e dimissioni volontarie: come funziona la Naspi

La Naspi è la Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego, ossia la prestazione economica che spetta ai lavoratori dipendenti che perdono involontariamente il posto di lavoro. La Naspi ha una durata massima di 24 mesi e un importo pari al 75% della retribuzione media mensile percepita nei 4 anni precedenti alla cessazione del rapporto di lavoro.

Per avere diritto alla Naspi, il lavoratore deve soddisfare alcuni requisiti:

  • Avere almeno 13 settimane di contribuzione nei 4 anni precedenti alla cessazione del rapporto di lavoro.
  • Avere almeno 30 giorni di lavoro effettivo nei 12 mesi precedenti alla cessazione del rapporto di lavoro.
  • Essere privo di occupazione per cause indipendenti dalla propria volontà.
  • Essere iscritto al Centro per l’Impiego e dichiarare la propria disponibilità a partecipare alle iniziative di politica attiva del lavoro.

Il requisito della perdita involontaria del posto di lavoro esclude i casi in cui il lavoratore si dimette volontariamente o risolve consensualmente il rapporto di lavoro con il datore. In questi casi, infatti, si presume che il lavoratore abbia rinunciato al posto di lavoro per propria scelta e non per cause esterne.

Ci sono alcune eccezioni in cui le dimissioni o la risoluzione consensuale non precludono il diritto alla Naspi:

  • Le dimissioni per giusta causa, ad esempio per mancato pagamento della retribuzione.
  • Le dimissioni per giustificato motivo soggettivo, ad esempio trasferimento del coniuge o assistenza a familiari disabili.
  • Le dimissioni per matrimonio entro i primi tre mesi dall’evento.
  • La risoluzione consensuale del rapporto di lavoro nell’ambito della procedura di conciliazione presso la Commissione provinciale o presso l’ispettorato territoriale del lavoro.

In questi casi si ritiene che il lavoratore non abbia rinunciato al posto di lavoro per propria scelta, ma per cause esterne o gravi che non gli consentivano di continuare il rapporto di lavoro.

Per quanto riguarda le assenze ingiustificate prolungate e continuative, esse possono essere interpretate come una forma di dimissioni per fatti concludenti o come una condotta colpevole passibile di licenziamento per assenza ingiustificata.

In entrambi i casi il lavoratore non ha diritto alla Naspi, in quanto si presume che abbia manifestato la sua volontà di recedere dal contratto o abbia violato i suoi obblighi contrattuali. L’unica eccezione è quando dimostra che le sue assenze erano giustificate da cause legittime o da forza maggiore. In questo caso, può avere diritto alla Naspi se soddisfa gli altri requisiti.

Come funzionano le dimissioni volontarie

Le dimissioni volontarie sono l’espressione della volontà del lavoratore di interrompere il rapporto di lavoro con il datore di lavoro. Sono un atto unilaterale che non richiede il consenso del datore di lavoro.

Per essere valide e legittime, le dimissioni volontarie devono rispettare tre regole:

  1. Devono essere comunicate per iscritto o con altro mezzo idoneo a comprovarne l’esistenza e la data. Dal 2015 è obbligatoria la comunicazione telematica delle dimissioni attraverso il portale Cliclavoro o i patronati. Questa procedura serve a prevenire le “dimissioni in bianco”, cioè le dimissioni firmate dal lavoratore al momento dell’assunzione o in un momento successivo e utilizzate dal datore di lavoro per interrompere il rapporto di lavoro senza giusta causa o giustificato motivo.
  2. Devono essere libere e consapevoli. Non devono essere frutto di costrizione, inganno, errore o violenza da parte del datore di lavoro o di terzi. In caso contrario, le dimissioni sono annullabili entro 180 giorni dalla loro comunicazione.
  3. Devono rispettare il termine di preavviso stabilito dalla legge o dal contratto collettivo applicabile al rapporto di lavoro. Il preavviso serve a consentire al datore di lavoro di trovare una sostituzione al lavoratore che si dimette. Se il lavoratore non rispetta il preavviso, deve pagare al datore di lavoro un’indennità sostitutiva pari alla retribuzione che avrebbe percepito nel periodo di preavviso non prestato.

Le dimissioni volontarie escludono l’applicazione delle procedure previste per i licenziamenti collettivi o individuali per giustificato motivo oggettivo, che richiedono autorizzazioni preventive e comunicazioni alle autorità competenti.

Come gestire le assenze in modo efficace con Factorial

Le assenze dei dipendenti sono una realtà inevitabile in ogni azienda, ma possono avere un impatto negativo sulla produttività, sull’organizzazione e sul clima di lavoro.

Per questo è importante gestire le assenze in modo efficace, monitorando cause, frequenze, e durate delle assenze e adottando delle misure preventive e correttive per ridurre il fenomeno.

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  • Ricevere le richieste dei dipendenti via email e approvarle o rifiutarle con un altro clic.
  • Visualizzare in tempo reale le assenze dei dipendenti sul calendario aziendale e sui report personalizzabili.
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  • Gestire le assenze per malattia, maternità, paternità, lutto, trasferta e altre tipologie di assenza previste dalla legge o dal contratto collettivo.
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Content Writer specializzato nella scrittura di contenuti per le aziende software. Ha collaborato con aziende Italiane ed internazionali per dar loro una voce che si distinguesse nel chiasso di internet. Vive a Morbegno, un paese in provincia di Sondrio. La lettura è la sua più grande passione; economia, filosofia, e storia sono i suoi principali campi di interesse, ma c'è sempre anche un romanzo aperto sul suo Kindle.

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