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Le leggi sul lavoro che influenzano le aziende italiane

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6 minuti di lettura
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Conosci tutte le leggi sul lavoro che esistono in Italia? Come influenzano le aziende del nostro Paese?

Conoscere il diritto del lavoro italiano è importante, ma non parliamo certamente di un terreno di facile esplorazione per datori di lavoro e responsabili HR. Una gran parte dell’organizzazione e gestione delle risorse umane, infatti, è fortemente relazionata alle disposizioni delle leggi sul lavoro, che forniscono le linee guida necessarie e definiscono i limiti in materia di cosa è possibile e non è possibile fare.

Avere la consapevolezza di quali normative regolano il mercato del lavoro non è solo importante per evitare eventuali sanzioni o dispute legali e avere la possibilità di difendersi, ma è importantissimo anche per garantire ai propri dipendenti un trattamento equo, corretto e allineato alle norme vigenti.

In questo articolo, parliamo di quali sono le leggi sul lavoro in Italia (o fonti legislative) per permetterti di individuarle, conoscerle e capire come influenzano le aziende e i lavoratori nel nostro Paese.

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Le principali leggi sul lavoro in Italia

Una delle caratteristiche peculiari del sistema legislativo italiano in tema di lavoro non è certo la semplicità. Non esiste infatti un volume o un quadro normativo unico che contenga tutte le leggi sul lavoro applicabili nel nostro Paese. Al contrario esse sono contenute in più fonti legislative che è importante conoscere. Ecco le principali.

La Costituzione Italiana

Come già avevamo fatto trattando il tema delle leggi sulla sicurezza sul lavoro, anche qui partiamo dalla fonte legislativa principale del nostro Paese: la Costituzione. L’articolo forse più conosciuto da tutti gli italiani è senza dubbio l’articolo 1, il quale definisce l’Italia come “una Repubblica democratica fondata sul lavoro” .

Oltre a questa importante premessa, però, nella Costituzione vi sono altri importanti indicazioni legislative riguardo al lavoro. Molte delle leggi contenute nel Titolo III della Costituzione Italiana (Rapporti Economici) copre il tema del lavoro. Ecco gli articoli più importanti:

  • Art. 35: tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni
  • Art. 36: parla di retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro e di orario di lavoro
  • Art. 37: sancisce che la donna abbia gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore.
  • Art. 38: prevede l‘assistenza sociale e mantenimento per i cittadini inabilitati al lavoro
  • Art. 39: prevede la libertà dell’organizzazione sindacale
  • Art. 40: prevede il diritto allo sciopero
  • Art. 41: sancisce la libertà d’iniziativa economica privata, ovvero d’impresa

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Lo Statuto dei Lavoratori

Potremmo definire la legge n.300/70 come la fonte legislativa più importante e approfondita in tema di diritti dei lavoratori. Più conosciuta con il nome di Statuto dei Lavoratori, questa legge ha come titolo “Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento”. Rappresenta quindi un vero e proprio vademecum per lavoratori e datori di lavoro.

La legge conta in totale 41 articoli, divisi in 6 titoli concernenti i seguenti temi:

  • Il primo: Libertà e dignità dei lavoratori
  • Il secondo: Libertà sindacale
  • Il terzo: Attività sindacale
  • Il quarto: Disposizioni varie e generali
  • Il quinto: Collocamento
  • Il sesto: Disposizioni finali e penali

Si tratta chiaramente di una fonte legislativa molto estesa e che, nonostante sia stata emanata ormai 50 anni fa, continua ad essere uno dei principali punti di riferimento normativi in materia di lavoro.

La legge n.604/66

In questo caso andiamo a parlare nello specifico di una legge che tratta lo spinoso tema dei licenziamenti individuali. Tema complicato sia a livello umano che legislativo, in quanto nel corso degli anni, più disposizioni di legge si sono sovrapposte.

Secondo l’articolo 1 della legge, il licenziamento senza giusta causa è vietato. L’articolo recita infatti: “nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato […] il licenziamento del prestatore di lavoro non può avvenire che per giusta causa ai sensi dell’art. 2119 del codice civile o per giustificato motivo”.

Molte volte si tende a confondere il licenziamento per giusta causa e il licenziamento per giustificato motivo. Per saperne di più, puoi leggere il nostro articolo sulle differenze tra i due licenziamenti.

Altro caposaldo della legge 604/66 è il divieto di licenziamento discriminatorio. Viene previsto che il datore di lavoro abbia l’onere di addurre le prove necessarie (sia per giusta causa che per giustificato motivo). Secondo la legge, il lavoratore dipendente può impugnare il licenziamento entro 60 giorni dalla comunicazione (che dovrà essere effettuata in forma scritta).

Nei casi in cui il licenziamento per giustificato motivo oggettivo o soggettivo o per giusta causa venga dichiarato illegittimo da parte del giudice, il lavoratore potrà essere risarcito con il pagamento di un’indennità economica che può variare dalle 6 alle 36 mensilità in base all’anzianità di servizio. Queste ultime norme sono il risultato in realtà di un aggiornamento della legge, operato dalla legge 108 del 1990.

È importante sottolineare come, in base alla sola legge 604/66, sia prevista l’impossibilità di licenziamento senza giusta causa ma di fatto non l’obbligo al reintegro, considerando invece un indennizzo economico. Il reintegro è previsto invece dall’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, ma viene limitato alle aziende oltre i 15 dipendenti.

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La legge 223/91

Rimaniamo sempre in tema di licenziamenti ma questa volta parliamo di licenziamenti collettivi. La legge n.223/91 è un’altra importante legge riguardante il mercato del lavoro e (ricordando che è stata parzialmente modificata dal d.lgs.151/97) tratta i seguenti temi:

  • Cassa integrazione
  • Mobilità
  • Trattamenti di disoccupazione
  • Attuazione di direttive europee
  • Avviamento al lavoro

I temi più fortemente trattati da questa legge quindi riguardano tutti quegli interventi di integrazione salariale a carattere straordinario volti al sostegno dei lavoratori nonché le principali disposizioni da attuare in caso di licenziamento collettivo.

La legge Treu (196/97)

La legge n.196/97, meglio conosciuta come legge Treu, prende il nome dall’allora ministro del Lavoro del governo di quegli anni, Tiziano Treu. in termini pratici rappresenta la legge che introdusse in Italia le prime forme di lavoro flessibile con lo scopo di contrastare la disoccupazione.

La legge regola direttamente alcuni istituti come l’apprendistato e il lavoro interinale, fornendo disposizioni sulla produzione legislativa futura e altre disposizioni di rinvio della contrattazione sociale. Regolamenta in modo più completo la figura dei lavori socialmente utili, e introduce il contratto di collaborazione coordinata e continuativa, nonché il contratto a progetto.

La legge Biagi (30/03)

Simile per temi trattati è la Legge Biagi, che ha segnato un’importante passo nel panorama delle leggi sul lavoro in Italia. La legge n.30 del 2003 prende il nome del suo promotore principale, Marco Biagi, importante giuslavorista e accademico italiano. La legge in sé, in realtà, non è altro che una delega al Governo, che è stata poi effettivamente attuata con il dlsg. n.276/03.

Riassumendo i contenuti e le novità principali rispetto alla legge Treu, possiamo dire che i temi sono:

  • Flessibilità dei contratti di lavoro
  • Contratti di somministrazione
  • Contratti di apprendistato
  • Contratti di inserimento
  • Collaborazioni coordinate e continuative

Anche qui, il presupposto principale della legge si basava sul concetto secondo il quale la flessibilità in uscita ed entrata nel mercato del lavoro sia  il mezzo migliore per agevolare la creazione di nuovi posti di lavoro lasciando liberi gli imprenditori di gestire la forza lavoro in base alle necessità operative.

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Le principali fonti legislative sul lavoro a livello internazionale

Oltre alle leggi sul lavoro italiane è bene fare un breve accenno anche alle principali fonti di diritto del lavoro a livello internazionale che, pur non essendo state emanate dal nostro Governo, influenzano il mercato del lavoro e le aziende italiane. Le principali sono:

  • La Carta internazionale del lavoro di Versailles del 1919: che pose le basi per la creazione dell’O.I.L (Organizzazione Internazionale del Lavoro)
  • La dichiarazione di Filadelfia del 1944: che definisce scopi e obiettivi dell’O.I.L
  • La Carta Sociale Europea di Torino del 1961: convenzione internazionale in materia di diritti economici e sociali
  • Il Codice Europeo di Sicurezza Sociale del 1964: relativo alle norme minime di sicurezza sociale
  • Il patto delle Nazioni Unite del 1966: ovvero la convenzione internazionale sui diritti civili e politici

La nuova legge sul lavoro per contratti a tempo determinato

Altro importante accenno va fatto alla legge definita “Decreto Dignità”, ovvero la n.87 del 2018. Questa legge riguarda i contratti a tempo determinato e, oltre a riprendere l’obbligatorietà di indicare l’apposizione del termine del rapporto di lavoro nell’atto scritto, sancisce che la durata massima dei contratti a tempo determinato sia di dodici mesi, estendibili a ventiquattro mesi solo in presenza di almeno una delle condizioni qui sotto:

  • esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività
  • esigenze sostitutive di altri lavoratori
  • esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria

Per il raggiungimento dei ventiquattro mesi sono considerati anche i periodi relativi a lavori in somministrazione prestati dal lavoratore presso la stessa azienda o datore di lavoro e che abbiano come oggetto mansioni dello stesso livello e categoria.

Scritto da: Matteo Pizzinato

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Isotta è Content Marketing Specialist in Factorial ed è appassionata di comunicazione, copywriting, social media e HR. Ama la natura, viaggiare e giocare a pallavolo.

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