Qual è il ruolo del Recovery Fund nella digitalizzazione delle aziende? Come si impegnerà il Governo italiano in questo senso?
L’avvento della pandemia ha messo aziende e pubblica amministrazione di fronte ad un’evidenza ormai impossibile da ignorare: la necessità di seguire il progresso tecnologico per sostenere la crescita del Paese. Per questo motivo, la digitalizzazione delle aziende è diventata una fra le priorità del Governo, che ha deciso di mettere a disposizione circa 50 milioni di euro per incentivare i processi di digitalizzazione delle imprese, come anche quelli della pubblica amministrazione.
Tutto questo grazie ai fondi del Recovery Fund europeo: approvato lo scorso luglio dall’UE e creato per far ripartire l’Europa dopo la pandemia da coronavirus, il Recovery Fund rappresenta un fondo speciale pensato per finanziare la ripresa economica dei Paesi europei nei prossimi sei anni grazie a sovvenzioni e all’emissione di titoli di Stato europei (detti Recovery bond).
La digitalizzazione delle imprese rientra nelle missioni del PNRR italiano e potrebbe essere uno dei motori di ripresa principali in grado di risollevare l’Italia dalla crisi economica. La digitalizzazione delle aziende prevede la promozione e l’utilizzo di nuove tecnologie, in linea con il Recovery Fund e svolgersi entro il 2026.
In questo articolo, scopriamo insieme cos’è il Recovery Fund, qual è il suo ruolo all’interno della digitalizzazione delle imprese e quali sono le principali aree di intervento del finanziamento.
- Recovery Fund e digitalizzazione: di cosa parliamo?
- Recovery Fund: digitalizzazione fra le massime priorità
- Recovery Fund Italia: i punti chiave della digitalizzazione
- Digitalizzazione delle aziende e Recovery Fund: ecco su cosa concentrarsi
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Recovery Fund e digitalizzazione: di cosa parliamo?
Come dicevamo nell’introduzione, il Recovery Fund è strettamente collegato al concetto di digitalizzazione aziendale. Ma prima ancora di parlare dei processi che verranno messi in atto nelle aziende è importante capire esattamente cos’è e come funziona questo strumento.
Il Recovery Fund (chiamato anche Next generation EU, il Recovery Plan o “Fondo per la ripresa”) è uno storico provvedimento approvato dal Consiglio Europeo al fine di supportare la ripresa economica degli Stati membri dell’Unione Europea colpiti dall’emergenza relativa al Covid-19.
È stato messo a punto in via definitiva a luglio 2021 e consiste in un piano di aiuti finanziari di 750 miliardi di euro complessivi, di cui 390 miliardi a fondo perduto e 360 miliardi sotto forma di prestiti.
Tra i vari Paesi beneficiari, anche l’Italia riceverà (e in parte ha già ricevuto) la sua “fetta di torta” da utilizzare in diversi settori strategici, in primis quelli più importanti per la ripresa dell’economia. Fra le priorità rese note dal Governo rientra anche l’incentivazione e l’accelerazione del processo generale di digitalizzazione del nostro Paese.
Il Recovery Fund è strettamente legato al PNRR italiano (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) il quale è suddiviso in 6 missioni principali, i cui ambiti di intervento sono stati definiti inizialmente dal Governo guidato dall’ex Premier Giuseppe Conte e approvati ulteriormente a fine aprile 2021 dal Governo Draghi oltre che dalla Commissione Europea.
Recovery Fund: digitalizzazione fra le massime priorità
Quando parliamo di digitalizzazione è facile generalizzare. Questo processo, infatti, non riguarda solo progetti relativi al potenziamento degli e-commerce, delle strategie social e dello smart-working aziendale. Le aree su cui lavorare sono varie e complesse, ed hanno una portata considerevole potendo influenzare in modo importante gli equilibri economici dei prossimi anni.
Per capire l’importanza della digitalizzazione all’interno di questo provvedimento possiamo affidarci ai numeri e alle schede tecniche fornite dal Ministro dell’Economia alle commissioni competenti del Parlamento, per il comparto del PNRR relativo a “Digitalizzazione, innovazione e cultura”. Per questo comparto sono state stanziate risorse pari a 45,5 miliardi di euro e questi fondi legati al PNRR, se ben utilizzati e gestiti, potranno permettere un’importantissima trasformazione digitale che influenzerà positivamente il rilancio del Paese.
Per riuscire a capire meglio la portata di questo intervento (e dare un ordine di grandezza) secondo un recente studio di Deloitte se l’Italia riuscisse ad influenzare positivamente l’indice DESI (Digital Economy and Society Index), arrivando a toccare un punteggio pari a 90 nel corso dei prossimi 6 anni, tutto ciò si tradurrebbe in un aumento del 12% del PIL. E se tutti i Paesi dell’Unione Europea procedessero nella stessa direzione la crescita per l’UE arriverebbe, nel corso di 6 anni, al 7,2%. Stiamo parlando di un trilione di euro.
Diventa chiaro, numeri alla mano, come il Recovery Fund per la digitalizzazione in Italia sia diventata una fra le massime priorità dell’esecutivo, per stimolare la crescita di un Paese come il nostro, duramente colpito dalla crisi economica come da quella sanitaria. Nei prossimi mesi ed anni, sarà compito del Governo cercare di mantenere la rotta ed utilizzare gli strumenti necessari affinché la trasformazione digitale porti ad una rivoluzione produttiva ed economica del nostro Paese, oltre ad assicurarsi di mantenere la rotta in questi 6 anni.
La strategia è stata tracciata, ma in quale direzione? Gli obiettivi principali, seguendo il comparto digitalizzazione del PNRR, sono tre: competenze digitali, 5G e digitalizzazione della Pubblica Amministrazione.
Recovery Fund Italia: i punti chiave della digitalizzazione
Eccoci arrivati al centro pulsante dell’argomento Recovery Fund e digitalizzazione. Il piano da 45,5 miliardi di euro verrà utilizzato, come abbiamo accennato, in 3 aree principali in un’ottica di trasformazione digitale del Paese. Ecco quali sono.
Sviluppo e sostegno delle competenze digitali
Quando si parla di digitalizzazione, è noto come il nostro Paese non sia ai primi posti a livello europeo. Al contrario, se ci rifacciamo al medesimo indice DESI in relazione alle competenze digitali, l’Italia è addirittura in fondo alla classifica.
La diffusa mancanza di veri programmi di formazione aziendale digitale è strettamente legata ed interconnessa sia ai livelli di efficienza e competitività delle imprese italiane (specialmente quando si parla di PMI) sia al tasso di disoccupazione. E’ lampante il fatto che la crescita degli investimenti in tecnologia, anche in un’ottica di Industria 4.0, non abbia però comportato anche un corrispondente aumento delle iniziative di formazione delle risorse umane.
La base di ragionamento erronea è stata quella che vedeva la digitalizzazione e l’implementazione di soluzioni tecnologiche come una mera questione tecnica, slegata dal coinvolgimento del personale e dal cambiamento dei processi aziendali e, di conseguenza, dei profili lavorativi dei dipendenti. Con maggiore attenzione al mondo dell’impresa 4.0, anche grazie agli incentivi previsti dai vari piani nazionali che si sono susseguiti nel corso degli ultimi anni (Industria 4.0, Impresa 4.0 e Transizione 4.0), le nuove tecnologie hanno visto una crescita importante e la loro implementazione è aumentata in maniera considerevole nelle imprese italiane.
Anche in vista dell’importanza degli incentivi e degli sgravi fiscali relativi agli investimenti in tecnologia, è importante che le aziende assimilino l’importanza della formazione digitale delle risorse umane (o digital learning). Le aziende possono sfruttare i vari sgravi fiscali previsti e ampliando il raggio d’azione anche agli investimenti fatti in formazione digitale.
Inoltre, per aiutare le imprese di domani si rivelerebbe utile una riforma dell’istruzione, portando all’introduzione di corsi che permettano alle nuove generazioni di affinare le proprie digital skills in preparazione ad un futuro ingresso nel mondo del lavoro. In questo, l’alternanza scuola-lavoro e i contratti di stage professionalizzanti hanno l’importante funzione di unire l’ingresso in azienda ad una graduale ma efficace fase di formazione iniziale.
Implementazione e potenziamento della rete 5G
In un mondo sempre più globalizzato, essere connessi ad Internet e poterlo essere in maniera rapida ed efficace è ormai una priorità. In Italia, come nel resto del mondo, il numero di dispositivi collegati sta crescendo a dismisura e non parliamo solo di computer e smartphone ma anche di apparecchiature industriali, sistemi per l’agricoltura e elettrodomestici. Parallelamente a questo aumento, aumentano di pari passo il numero di connessioni alle reti internet e il volume globale di traffico generato. In quest’ottica entra in gioco il 5G: un nuovo standard di trasmissione dati capace di garantire velocità molto più elevate rispetto a quelle precedenti, tempi di latenza ridotti e addirittura una copertura maggiore.
La “tecnologia” di fondo è sempre la medesima utilizzata dai precedenti 2G, 3G e 4G, ossia l’utilizzo di onde elettromagnetiche che viene però ottimizzata. Secondo numerosi studi l’utilizzo della connettività 5G influisce positivamente sulla produttività delle aziende, sulla riduzione dei consumi e dei costi nel settore agricolo e sulla bolletta energetica media delle famiglie europee, senza contare il numero di nuovi posti di lavoro creati.
Per quanto riguarda la preparazione all’utilizzo del 5G, va detto, l’Italia si è mossa piuttosto bene. Ora, l’obiettivo deve essere quello di spingere sull’acceleratore, ed è proprio qui che entra in gioco il Recovery Fund per la digitalizzazione. Parlando nello specifico, si dovrebbe agire sullo sviluppo della rete, promuovendo gli investimenti in banda larga anche nelle aree più remote, introdurre misure a sostegno della ricerca in ambito internet e semiconduttori, incentivare la collaborazione fra il mondo accademico e i principali poli industriali e creare una rete di partner per quanto riguarda la fornitura di soluzioni tecnologiche e materiali utili all’implementazione delle rete 5G e delle applicazioni internet.
Recovery Fund e digitalizzazione della PA
Già due anni fa, nel 2019, il Consiglio Europeo sottolineava la necessità da parte del Governo italiano di migliorare l’efficienza della propria pubblica amministrazione, in particolar modo investendo sulle competenze digitali dei dipendenti pubblici, accelerando il processo di digitalizzazione e aumentando l’efficienza e la qualità dei servizi pubblici locali offerti.
Arrivati ai giorni nostri possiamo dire che qualcosa è cambiato, ma non basta. Il ruolo fondamentale giocato dalla digitalizzazione è emerso anche “grazie” alla pandemia, durante la quale la pubblica amministrazione italiana si è trovata decisamente in imbarazzo, lenta e farraginosa nella gestione di una situazione che non rendeva possibili scambi e forniture di servizi di alcun tipo se non in formato digitale.
L’argomento è sicuramente di ampio respiro e si potrebbe parlare, fra i tanti temi in gioco, dell’adozione di piattaforme digitali centralizzate, di sistemi di archiviazione in cloud, di protocolli di sicurezza e identità digitale. Ma una delle varie sfaccettature del futuro digitale della PA italiana è principalmente relativa alla situazione degli enti locali. Secondo i dati del report “Accelerare la trasformazione digitale degli enti locali“ stilato dall’Osservatorio Agenda Digitale del Politecnico di Milano:
- il 77% di tutti i comuni italiani e il 31% dei comuni con più di 10mila abitanti non dispone di alcuna figura all’interno del personale con attività prevalente in ambito digitale
- il 60% dei comuni dichiara che i dipendenti, nel triennio 2017-2019, non hanno partecipato ad alcuna attività di formazione digitale
- relativamente al Piano Cloud della PA della strategia cloud messa a punto dall’Agenzia Italiana per il Digitale, i comuni che ne usufruiscono sono il 14% del totale, 1 comune su 4 fra quelli sopra i 10mila abitanti
- il 42% dei comuni italiani non eroga servizi digitali
Da questi dati appare ovvio come, anche a fronte di interventi e sovvenzioni provenienti dal Governo centrale, manchi sia la coordinazione che l’adozione delle stesse a livello locale. Tutto ciò non gioca a svantaggio solo del privato cittadino ma anche delle piccole e medie imprese locali.
La collaborazione e l’efficienza digitale dei comuni (anche quelli più piccoli) è fondamentale per il sostegno del tessuto economico del nostro Paese, anche in relazione alla fornitura alle aziende di corsi di formazione sovvenzionati dagli enti locali che possano aiutare le imprese a sopperire alle loro lacune di competenza. Oltre a questo, la mancata implementazione di servizi digitali, che spesso sono assenti o limitati, da parte degli enti locali può rallentare notevolmente i progetti aziendali di crescita sul territorio.
La digitalizzazione delle aziende grazie al Recovery Fund: ecco su cosa concentrarsi
Dopo aver compreso come funziona il Recovery Fund e perché la digitalizzazione rappresenti un aspetto così importante per il nostro Paese è importante che le aziende utilizzino le opportunità e le sovvenzioni garantite dal Governo nel modo adeguato.
Se gestisci un’azienda e vuoi dare il passo verso una vera trasformazione digitale non puoi farlo in maniera precipitosa. Il processo dovrà essere graduale, e basato su un’attenta analisi della tua realtà aziendale. Come spieghiamo nella nostra guida completa alla digitalizzazione delle imprese, ogni azienda deve tenere conto di:
- Tipo di business
- Posizionamento nel mercato
- Clientela o dalla nicchia a cui si rivolge
- Relazioni con i clienti
- Fase di crescita
- Struttura del personale
Se non sai da dove cominciare, esiste una strategia su cui puoi basarti, che mette insieme i passi chiave della trasformazione digitale e che sono tendenzialmente simili per tutte le aziende. Ecco quali sono questi passi chiave:
- Analisi del tuo business
- Preparazione e formazione del team
- Definizione della strategia
Seguendo queste linee guida potrai affrontare la digitalizzazione dei tuoi processi aziendali in modo mirato ed efficace, sfruttando l’ondata di entusiasmo e sostegno portata dal Recovery Fund e ottenendo i risultati migliori per la tua azienda.