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Gestione del personale

Come funzionano le clausole elastiche nel lavoro part-time

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L’organizzazione del lavoro nel part-time richiede flessibilità, sia per il datore di lavoro che per il dipendente. In questo contesto, le clausole elastiche rappresentano uno strumento fondamentale, permettendo di variare la collocazione temporale e la durata della prestazione lavorativa oltre quanto originariamente pattuito. La loro applicazione, tuttavia, non è priva di regole e tutele.

In questa guida, approfondiremo il funzionamento di queste clausole, esaminando la loro natura, i requisiti di validità e le implicazioni pratiche per i professionisti del settore. 

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Cosa sono le clausole elastiche

Le clausole elastiche sono uno strumento previsto dalla legge per i contratti di lavoro a tempo parziale (part-time). La loro funzione principale è quella di consentire al datore di lavoro di modificare la durata della prestazione lavorativa rispetto a quanto stabilito originariamente nel contratto.

Vengono specificate nell’accordo tra aziende e lavoratore, infatti vanno specificate per iscritto nel contratto, autorizzando il datore di lavoro a variare la collocazione temporale della prestazione (es. spostare i turni) e/o a aumentare la durata, anche se sempre entro limiti prefissati. 

In mancanza della forma scritta la modifica, unilaterale, dell’orario può essere illegittima, come previsto dal dal D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81.

Tipologie di part-time e applicazione delle clausole elastiche

L’applicazione delle clausole elastiche varia in modo significativo a seconda della tipologia di contratto a tempo parziale cui si riferiscono. Non si tratta di uno strumento universale da applicare indiscriminatamente, ma di un mezzo che si adatta alle specifiche esigenze organizzative e strutturali delle diverse forme di part-time.

Nello specifico: 

  • nel part-time orizzontale la riduzione dell’orario di lavoro è distribuita su ogni giornata lavorativa (es. 6 ore al giorno invece di 8). L’orario è già intrinsecamente stabile. Per questo motivo, le clausole elastiche sono meno frequenti e, quando presenti, tendono a essere usate per un incremento occasionale e contenuto dell’orario. La loro applicazione è meno compatibile con la natura di regolarità di questo contratto, che predilige la stabilità.
  • nel part-time verticale la prestazione lavorativa è concentrata in determinati periodi, come alcuni giorni della settimana (es. lunedì, mercoledì, venerdì) o alcuni mesi dell’anno. Le clausole elastiche trovano in questo caso la loro massima utilità. Permettono al datore di lavoro di adattare l’organico a picchi di domanda, variando sia la durata delle ore lavorate sia, talvolta, la loro collocazione temporale;
  • nel part-time misto, che combina elementi del part-time orizzontale e verticale, le clausole elastiche consentendo di aumentare le ore lavorate in base a specifiche esigenze aziendali.

In ogni caso, a prescindere dal loro utilizzo, la normativa riconosce sì la possibilità di variare la prestazione lavorativa, ma questa deve essere pattuita per iscritto, nel rispetto di precisi limiti e con l’obbligo di un congruo preavviso. In questo modo, si punta a garantire un equilibrio tra le esigenze aziendali e la tutela del lavoratore. 

Infatti:

  • l’aumento della durata previsto dalle clausole elastiche non può eccedere, come regola generale, il 25% della prestazione annua normale pattuita (salvo diversa disciplina di contratto collettivo);
  • il ricorso alle ore eccedenti può essere disciplinato come lavoro straordinario a seconda dei casi. 

Differenze tra clausole elastiche e clausole flessibili

Sebbene spesso confuse, la distinzione normativa tra clausole flessibili e clausole elastiche può sembrare sottile, ma le loro implicazioni pratiche sono ben diverse. 

Le clausole flessibili agiscono sul “quando” si svolge la prestazione lavorativa. Non modificano la durata complessiva dell’orario di lavoro concordato, ma permettono al datore di lavoro di cambiarne la collocazione temporale all’interno della giornata, della settimana o del mese. Ad esempio, se un lavoratore part-time ha un orario di quattro ore al giorno, dalle 9:00 alle 13:00, con il ricorso a una clausola flessibile l’azienda può spostare, in caso di necessità, l’orario del lavoratore dalle 14:00 alle 18:00, mantenendo invariato il numero di ore totali lavorate. 

Le clausole elastiche, invece, disciplinate dal D.Lgs. n. 81/2015, hanno assunto un ruolo centrale, diventando un termine “ombrello” che ha in parte superato la vecchia distinzione. La loro funzione primaria è quella di agire sul “quanto” si lavora, permettendo un incremento della durata della prestazione lavorativa oltre l’orario originariamente stabilito.

Oggi, in particolare, si tende a parlare principalmente di clausole elastiche che, in assenza di diverse specifiche nei contratti collettivi, possono coprire entrambe le esigenze e intervenire su:

  • variazione della durata, consentono di chiedere al lavoratore di svolgere più ore (il cosiddetto lavoro supplementare) rispetto a quelle pattuite nel contratto.
  • variazione della collocazione temporale, permettono anche di spostare l’orario di lavoro, svolgendo di fatto la stessa funzione delle vecchie clausole flessibili.

Di fatto, il legislatore ha unificato le due facoltà sotto un’unica denominazione, riconoscendo che l’esigenza di un’azienda può riguardare sia lo spostamento del turno, sia un aumento temporaneo del carico di lavoro. Questa semplificazione normativa rende le clausole elastiche uno strumento indispensabile per una gestione dinamica e reattiva del personale part-time.

Requisiti formali e tutele per il lavoratore

Anche se le clausole elastiche offrono al datore di lavoro una flessibilità preziosa, la normativa italiana non le lascia prive di regole. Esistono specifici requisiti formali e tutele fondamentali pensati per proteggere il lavoratore, garantendo un equilibrio tra le necessità aziendali e la vita privata del dipendente.

La prima e più importante tutela per il lavoratore è l’obbligo della forma scritta. Le clausole elastiche non possono essere pattuite a voce o tacitamente, ma devono essere inserite per iscritto nel contratto di lavoro o in un patto separato. La mancata osservanza di questo requisito comporta la nullità della clausola, rendendola di fatto inapplicabile. Questo vincolo assicura che il lavoratore sia pienamente consapevole delle condizioni di flessibilità a cui si impegna. Il contratto deve inoltre specificare con precisione la durata e la collocazione dell’orario di lavoro concordato, in modo che ogni successiva variazione avvenga su una base chiara e predefinita.

Oltre alla forma, la legge impone che le clausole elastiche contengano alcuni elementi essenziali per essere considerate valide. Ovvero, devono specificare in modo chiaro: 

  • le condizioni e le modalità per cui il datore di lavoro può richiedere una variazione;
  • la misura massima dell’aumento, espresso in percentuale o in ore, che non può superare quanto previsto dalla legge o, più spesso, dal contratto collettivo nazionale;
  • il preavviso minimo di almeno due giorni lavorativi, anche se i CCNL possono stabilire termini diversi, spesso più ampi, a favore del lavoratore. Questo garantisce che il dipendente abbia il tempo necessario per organizzarsi, poiché il datore di lavoro non può comunicare la variazione all’ultimo minuto. 

Infine, la flessibilità richiesta al lavoratore non è gratuita. Le ore di lavoro aggiuntive svolte in virtù di una clausola elastica sono considerate lavoro supplementare e devono essere retribuite con una maggiorazione. La maggior parte delle fonti e dei contratti collettivi stabilisce una maggiorazione minima del 15% sulla retribuzione oraria globale, anche se è fondamentale verificare il proprio Contratto Collettivo per conoscere la percentuale esatta applicabile, proporzionale all’impegno aggiuntivo richiesto al lavoratore.

Sanzioni e conseguenze in caso di violazioni

Il rispetto dei requisiti formali e delle tutele per il lavoratore non è una mera formalità. La normativa italiana prevede un sanzioni e conseguenze significative per i datori di lavoro che non si attengono alle regole. 

Il primo e più diretto rischio per un datore di lavoro è la nullità della clausola elastica. Questo avviene quando la clausola è formulata in modo generico, non rispetta il requisito della forma scritta o manca di specificare i contenuti minimi, come le modalità di variazione o il preavviso. 

In casi estremi, se il contratto non specifica in modo chiaro la collocazione o la durata dell’orario, il lavoratore può persino chiedere al giudice di stabilire l’orario o, in alcuni casi, di convertire il rapporto di lavoro a tempo pieno. Il D.Lgs. 81/2015 è molto chiaro su questo punto, e l’articolo 10 disciplina in modo puntuale le conseguenze di tali violazioni formali.

Inoltre, l’imposizione di turni non concordati o di aumenti d’orario senza il rispetto degli accordi è illegittima. Tale comportamento, ovviamente, espone l’azienda a cause legali. 

Infatti, in caso di violazioni, il lavoratore non è privo di strumenti per tutelarsi e può rivolgersi a un giudice per:

  • ottenere il riconoscimento delle retribuzioni dovute per le ore lavorate in eccesso, nonché il versamento dei relativi contributi oltre, se l’abuso è dimostrato, a un risarcimento del danno;
  • chiedere la conversione del rapporto di lavoro a tempo pieno o una dichiarazione giudiziale che ristabilisca i termini originali del contratto. 

Parallelamente, le violazioni formali possono portare all’applicazione di sanzioni amministrative, con multe che variano in base alla gravità dell’illecito. 

Domande frequenti sulle clausole elastiche 

Cosa sono le clausole elastiche?

Sono pattuizioni scritte nel contratto part-time che permettono di spostare i turni e/o aumentare temporaneamente la durata della prestazione entro limiti prestabiliti; devono rispettare i requisiti del D.Lgs. n. 81/2015.  

A quali tipi di part-time si applicano le clausole elastiche?

Si utilizzano principalmente nei part-time verticali e misti (dove l’orario non è fisso giorno per giorno), ma la norma del 2015 consente pattuizioni che coprano sia variazione di collocazione sia aumento di durata, compatibilmente con CCNL e limiti di legge.

Posso rifiutare di firmare le clausole elastiche?

Sì: l’adesione alla clausola elastica richiede consenso scritto del lavoratore. Il rifiuto non può costituire giustificato motivo di licenziamento (salvo altre cause). Se non firmi, il datore non può unilateralmente modificare l’orario oltre quanto pattuito.  

Cosa succede se il datore non rispetta le clausole elastiche?

Il lavoratore può rivolgersi al giudice per ottenere: (i) la declaratoria di nullità della clausola illegittima; (ii) la determinazione dell’orario; (iii) la conversione in tempo pieno nei casi previsti; (iv) il pagamento delle retribuzioni e dei contributi per le ore svolte e, se dovuto, un risarcimento. Inoltre possono scattare sanzioni amministrative previste dall’art. 10 del D.Lgs. 81/2015. 

Consulente del lavoro ed esperta di Fisco, Tasse e Diritto. Laureata in Scienze dell'Amministrazione e dell'Organizzazione presso l'Università di Palermo, dal 2016, mi occupo principalmente di scrittura su temi legati a Previdenza, Economia e Lavoro, con un focus sull'attualità e i temi caldi. La mia curiosità e passione mi spinge al costante aggiornamento e un’analisi approfondita delle dinamiche di cui tratto. Scrivo perché quando lo faccio ho l'impressione di stare al posto giusto nel momento giusto