Il furto in azienda rappresenta una delle violazioni più gravi del rapporto fiduciario tra datore di lavoro e dipendente, tanto da giustificare il licenziamento.
L’onere della prova, tuttavia, ricade in capo al datore di lavoro che può agire non solo illustrando i fatti ma presentando anche solo indizi concreti e coerenti che dimostrino la gravità del fatto.
Vediamo insieme come procedere in questi casi e cosa è consigliato fare.
- Cos’è il licenziamento per furto e quando si applica
- Cosa dice la legge sul licenziamento per furto
- Come dimostrare il furto in azienda
- Licenziamento per furto senza prove: è legittimo?
- Gestisci contratti e assunzioni con Factorial
- Domande frequenti relative al licenziamento per furto
Cos'è il licenziamento per furto e quando si applica
Il licenziamento per furto rientra nella categoria del licenziamento per giusta causa, disciplinato dall’art. 2119 del Codice Civile, che prevede l’interruzione immediata del rapporto di lavoro senza preavviso in caso di comportamenti talmente gravi da non consentire la prosecuzione neppure temporanea del rapporto.
Il furto sul posto di lavoro, cioè, è un esempio tipico di giusta causa, poiché mina in modo irreparabile il vincolo fiduciario tra le parti.
Cosa dice la legge sul licenziamento per furto
La normativa italiana prevede che spetta al datore di lavoro provare i fatti che giustificano il licenziamento per furto. A stabilirlo è l’art. 5 della Legge n. 604/1966, contenente le norme sui licenziamenti individuali.
Come previsto inoltre dallo Statuto dei Lavoratori (Legge 300/1970 – art. 7), il datore deve contestare per iscritto l’addebito al dipendente, indicando con precisione:
- I fatti contestati (es. furto, appropriazione indebita);
- Data, luogo e circostanze del fatto;
- Eventuali elementi a sostegno (testimoni, video, documenti).
Deve farlo senza ritardo, appena ne è venuto a conoscenza e, dopo la contestazione, il dipendente ha 5 giorni di tempo (termine minimo per legge) per presentare le proprie difese.
Se le giustificazioni sono assenti o ritenute insufficienti, il datore può proseguire con il licenziamento disciplinare per giusta causa, comunicandolo per iscritto, indicando chiaramente:
- La motivazione del recesso (es. “furto di beni aziendali”);
- La data di efficacia del licenziamento (immediata, senza preavviso).
Se il dipendente impugna il licenziamento, all’azienda spetta dimostrare la sussistenza del furto o comunque di un comportamento grave.
Come dimostrare il furto in azienda
Nel caso in cui si sospetti un furto all’interno dell’azienda, è fondamentale che il datore di lavoro raccolga elementi concreti e attendibili per giustificare l’eventuale licenziamento per giusta causa. Tuttavia, provare il furto non è sempre semplice, soprattutto se non si è colti in flagrante. In assenza di una confessione, l’impresa può servirsi di:
- Videosorveglianza aziendale, che devono però essere installate nel rispetto di quanto previsto dall’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori (Legge 300/1970). Per cui devono essere autorizzate e i dipendenti devono essere informati prima della loro presenza;
- Testimonianze di clienti, fornitori e altri lavoratori;
- Documentazione oggettiva e indizi concreti, tipo anomalie nei registri o nei dati aziendali (come differenze di magazzino in entrata o in uscita, inventari manomessi o modificati, accessi non autorizzati ad aree riservate).
Infine, è possibile fare riferimento anche a presunzioni, ossia a conclusioni tratte da indizi concreti e ragionamenti logici. Ad esempio:
- Comportamenti incoerenti del dipendente (assenze improvvise, eccessiva agitazione, contraddizioni);
- Ritrovamento di oggetti aziendali nascosti o in luoghi impropri;
- Mancata collaborazione o reazioni eccessive durante controlli interni.
Questi elementi non bastano da soli a fondare un licenziamento, ma possono costituire il tassello finale in un quadro probatorio più ampio.
Licenziamento per furto senza prove: è legittimo?
In assenza di prove dirette (es. videosorveglianza, testimoni, flagranza), il licenziamento può comunque essere legittimo se vi sono gravi indizi e una valutazione complessiva dei fatti che renda il comportamento del dipendente altamente sospetto e incompatibile con la permanenza in azienda.
Ma cosa significa?
Si tratta di indizi oggettivi, tra loro coerenti, che – messi insieme – permettono di ragionevolmente ritenere che il fatto contestato (il furto) sia avvenuto, e che a compierlo sia stato proprio il dipendente coinvolto. Per esempio: la sparizione di un bene aziendale, la presenza del lavoratore nell’area in quel momento, la manomissione dei registri a lui accessibili, il suo comportamento evasivo o incoerente durante i controlli. Singolarmente questi elementi potrebbero sembrare deboli, ma le circostanze nel loro insieme possono avere un peso decisivo.
Questo principio è stato chiaramente espresso anche dalla Corte di Cassazione. In particolare, con la sentenza n. 17143 del 17 giugno 2021, la Sezione Lavoro ha ribadito che: “È legittimo il licenziamento per giusta causa anche in assenza della prova penale del furto, se fondato su indizi gravi, precisi e concordanti che, nel loro insieme, permettano di ritenere dimostrata la responsabilità del lavoratore.”
In altre parole, non serve una sentenza penale di condanna per procedere: l’azienda può legittimamente licenziare il dipendente se ha raccolto un quadro probatorio solido, anche solo indiziario, purché serio e coerente.
Come procedere se il furto in azienda è di poca entità
Molti datori di lavoro si chiedono se sia possibile licenziare un dipendente anche quando il furto riguarda un bene di scarso valore economico. La risposta, secondo la giurisprudenza, è sì: anche un furto di modico valore può legittimare un licenziamento per giusta causa.
Lo ha ribadito chiaramente la Corte di Cassazione con la sentenza n. 4989 del 4 marzo 2014, nella quale è stato ritenuto legittimo il licenziamento per giusta causa di un dipendente colto a sottrarre una semplice bottiglia d’acqua del valore di pochi euro. La Corte ha affermato che: “Non è il valore del bene ad assumere rilievo determinante, ma la condotta che rivela la violazione del dovere di fedeltà e correttezza”.
Questo perché, nel rapporto di lavoro, ciò che conta non è solo il danno materiale subìto, ma soprattutto la rottura del vincolo fiduciario tra datore e lavoratore. Quando un dipendente si appropria indebitamente di un bene aziendale – fosse anche solo una penna, una bottiglietta d’acqua o qualche euro dalla cassa – dimostra un comportamento incompatibile con l’affidabilità e lealtà che il datore di lavoro ha il diritto di pretendere.
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Domande frequenti relative al licenziamento per furto
Come comportarsi con un dipendente che ruba?
È fondamentale raccogliere tutti gli elementi utili: testimonianze, registrazioni, documenti. Se vi sono indizi sufficienti, si può avviare un procedimento disciplinare e, nei casi gravi, procedere con il licenziamento per giusta causa.
Quanto tempo ha il datore di lavoro per denunciare un furto?
In sede penale, il termine ordinario per sporgere querela è di 3 mesi dal momento in cui si viene a conoscenza del fatto. Tuttavia, per il procedimento disciplinare, l’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori (Legge 300/1970) impone che la contestazione avvenga tempestivamente, senza ritardi ingiustificati.
Cosa può essere riconosciuto per un dipendente che ruba?
Il dipendente rischia il licenziamento immediato, la denuncia penale per furto (art. 624 codice penale) e il risarcimento del danno in sede civile. In alcuni casi, l’azienda può anche chiedere danni d’immagine o reputazionali.