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Futuro delle risorse umane: come lo immagina Paolo Bossetti

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6 minuti di lettura
Linkedin hr community paolo bossetti

In quest’intervista di Factorial abbiamo cercato un focus leggermente diverso dal solito per capire al meglio quali sono le aspettative e le aspirazioni di chi si approccia al mondo HR e come immagina il futuro delle risorse umane.

Tra i giovani di oggi che spingono verso il cambiamento c’è sicuramente Paolo Bossetti, che da qualche mese ha creato la community PeoplEvolution su Linkedin, nel tentativo di contribuire alla rivoluzione delle risorse umane delle aziende. Qui ci fornisce la sua idea del futuro delle risorse umane.

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E: Da dove parte la tua passione per il mondo HR?

Non c’è stato un momento preciso o qualcosa di specifico che ha fatto nascere la passione di Paolo. Probabilmente tutto è cominciato dopo il percorso di triennale, quando si è reso conto quanta soddisfazione gli porti cercare di aiutare le persone a costruire un percorso. Dopo la laurea in HR Management, in piena crisi del coronavirus, decide insieme a una collega che si occupa di comunicazione di dare vita a un progetto che ha avuto inizio alla fine di maggio: una community Linkedin dedicata all’HR.

Nello scoprire la community creata da Paolo mi sono chiesta cosa lo avesse spinto a iniziare questo progetto. Di community HR su Linkedin, ma anche Facebook per esempio, ce ne sono diverse in questo momento, quindi è sorta spontanea la domanda:

E: Cosa ti ha spinto a creare una nuova community?

L’idea di Paolo nasce da un presupposto specifico, ovvero che ognuno di noi deve porsi delle domande e mettersi in dubbio quotidianamente,  e contemporaneamente cercare di migliorarsi. Se tutte le persone presenti nelle aziende, e in particolare i manager e i responsabili HR avessero la possibilità di fare ciò, ad oggi avremmo un panorama delle risorse umane totalmente diverso.

Purtroppo questo processo non avviene spesso, se non in quelle aziende lungimiranti e in cui si lascia spazio a opinioni e pareri differenti; dove scambi di opinioni e idee, anche tra generazioni diverse, sono incoraggiati e all’ordine del giorno. Sfortunatamente se pensiamo a una descrizione di questo tipo, il collegamento più immediato avviene con una grande azienda.

Questo perchè, come ci dice Paolo, nelle piccole e medie imprese spesso ci si scontra con una dirigenza che frequentemente basa le proprie strategie e visioni sulle metodologie e i risultati del passato, dimenticandosi di guardare i cambiamenti in corso nel presente e le opportunità che presenta il futuro.

P: “La frase che ci si sente dire più spesso è “lo abbiamo sempre fatto così, perchè cambiare?”

La sua mentalità e il suo approccio al lavoro si dirigono nel senso opposto. Paolo, e la community che ha fondato, proprio come dice il nome PeoplEvolution, rappresenta un’apertura al cambiamento e alle sfide quotidiane.

P: “L’idea della community era proprio quella di mettere in contatto figure HR, sia senior che junior, che hanno voglia di crescere e confrontarsi”.

Come ormai sappiamo, è soprattutto dallo scambio di opinioni e punti di vista che possono nascere nuovi orizzonti e prospettive di miglioramento.

E: Hai già in programma altri progetti simili? Come vorresti che evolvesse la community?

Proprio in quest’ottica, un altro progetto complementare su cui Paolo sta lavorando è il reverse mentoring. Per chi non fosse familiare con questa definizione, il reverse mentoring consiste nell’associare e mettere in contatto i collaboratori più giovani con i membri dei team esecutivi all’interno delle aziende (in questo caso all’interno della community) affinchè possano guidare le figure senior su vari argomenti di rilevanza strategica e culturale.

Modalità di questo tipo permettono alle nuove generazioni che entrano a far parte del mondo del lavoro, come la generazione dei Millenials e la generazione Z, di avere spazio per condividere le proprie conoscenze sugli aspetti dove sono più forti, in campo digital per esempio. I programmi di reverse mentoring forniscono la trasparenza e il riconoscimento che queste generazioni cercano dal management, e si crea un ambiente in cui le conoscenze di ciascuno sono valide e l’uno può imparare dall’altro.

Sulla community Paolo si è posto anche l’obiettivo di conoscere di più ogni membro e aiutarlo, per quanto possibile, nel suo percorso.

E: Quali è la soft skill che tutti i manager HR dovrebbero avere?

Paolo risponde senza esitazione che, secondo lui, tra le soft skills più importanti per lavorare nell’ambito delle risorse umane ci sia l’empatia.

P: “Dobbiamo sempre cercare di metterci nei panni di chi abbiamo di fronte, capire quali sono le sue aspettative, le sue paure, le fragilità e i punti di forza”.

Paolo non è il primo, nelle interviste di Factorial, che pone l’enfasi su questa caratteristica. Se non altro, oggi più che mai, in una situazione di crisi e incertezza come quella che stiamo vivendo, riuscire a mettersi nei panni degli altri e capirli per poterli supportare e tirare fuori il meglio che hanno da offrire, è un’abilità fondamentale.

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E: Come immagini il futuro delle risorse umane? 

Paolo ha ben chiaro cosa non vuole vedere all’intero delle risorse umane di un’azienda e si tratta proprio della chiusura verso il cambiamento. L’idea di continuare a seguire schemi predefiniti e fare ciò che si è sempre fatto senza guardare ad altre possibilità solo per abitudine è qualcosa che per lui dovrebbe cambiare.

P: “Spero che le nuove generazioni possano essere la base per il cambiamento in questo senso”.

Nel suo immaginario del mondo HR del futuro vede anche più empatia verso il prossimo e una maggiore comunicazione delle possibilità di crescita e sviluppo all’interno dell’azienda verso l’esterno, ovvero un maggior investimento in quello che viene comunemente definito Employer Branding.

Le persone dovrebbero voler lavorare nelle aziende non soltanto per il prodotto o il servizio che offrono, ma per i sistemi che vengono messi in atto ogni giorno per migliorare la vita e il rapporto con i collaboratori.

Un altro punto di riflessione è la gerarchia all’interno delle aziende. Secondo Paolo bisognerebbe muoversi verso gerarchie sempre più orizzontali, dove la comunicazione non sia semplicemente dall’alto al basso.

E: Quali sono le principali sfide verso la realizzazione della tua visione del futuro delle risorse umane?

Paolo pensa che il blocco verso il progresso di coloro che oggi rispondono “le cose vanno bene così”, che non vedono le necessità di adattamento e di miglioramento di certi compiti e funzioni, sia influenzato da una mentalità che è stata tramandata per anni senza che nessuno la mettesse in dubbio.

Questa è la principale sfida che vede all’orizzonte, ma al tempo stesso è convinto che una trasformazione sia possibile:

P: “Credo molto nelle generazioni di oggi, penso che ci siano molti buoni propositi, voglia di fare e di cambiare lo stato delle cose”.

Un altro punto su cui volevo avere l’opinione di Paolo è la digitalizzazione e l’utilizzo dei software di rilevazione delle presenze per chi lavora in modalità smart working. Molti professionisti si sono espressi in merito, chi contro e chi a favore.

Paolo sostiene che lo smart working, quando correttamente applicato e con i giusti strumenti, e la flessibilità che ne consegue, permette di aumentare il senso di responsabilità da parte dei collaboratori, perchè fa si che siano in grado gestire al meglio esigenze lavorative e vita privata.

P: “La digitalizzazione è fondamentale, ma richiede una formazione”.

Inoltre, rietiene che ciò sia specialmente importante per quelle generazioni che sono state investite dall’ondata dello smart working ed è come se si fossero trovati con uno strumento tra le mani senza, purtroppo, saperlo utilizzare.

C’è chi anche senza una formazione si butta, prova e in qualche modo riesce ad adattarsi rapidamente alle novità, ma questa non deve essere la regola. La formazione è necessaria, bisogna prevedere anche un percorso di accompagnamento e training ed è giusto che ci si impegni affinchè un domani la digitalizzazione possa essere alla portata di tutti.

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E: Vedi lo smart working più come un requisito che come un benefit nel futuro delle risorse umane?

Secondo Paolo, per quanto riguarda il futuro delle risorse umane, lo smart working sarà senz’altro uno dei requisiti fondamentali per poter rientrare tra le opzioni di un candidato e aggiunge anche un appunto a proposito di benefit.

Quando si tratterà di offrire benefit ai propri collaboratori bisognerà andare più a fondo e scoprire le passioni dei propri colleghi. E ci fa l’esempio del classico accordo tra azienda e palestra, in cui si offre uno sconto ai dipendenti.

Se però questo è l’unico benefit offerto soltanto perchè tutte le aziende lo fanno, e non si tiene conto che la maggioranza dei dipendenti nella propria azienda non sono interessati a questo tipo di benefit, si starà offrendo qualcosa che non ha valore per il proprio team. Sintomo che non si ascoltano abbastanza e non si conoscono sufficientemente le persone che formano l’impresa.

E: Un consiglio per i giovani professionisti che si approcciano al mondo HR e vogliono cambiare il futuro delle risorse umane

Paolo riconosce che quella delle risorse umane è una funzione molto complicata perchè l’obiettivo prevede la felicità di entrambe le parti: il collaboratore e l’azienda; e ciò deve essere raggiunto contemporaneamente con razionalità, ma anche con umanità.

P: “Chi vuole diventare un buon professionista delle risorse umane dovrebbe saper quando è il momento di spingere al massimo per ottenere i risultati aziendali senza dimenticarsi mai l’aspetto umano”.

Ringraziamo Paolo Bossetti per essere stato con noi e aver condiviso le sue aspettative sul futuro delle risorse umane.

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Isotta è Content Marketing Specialist in Factorial ed è appassionata di comunicazione, copywriting, social media e HR. Ama la natura, viaggiare e giocare a pallavolo.

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