L’incentivo all’esodo è uno strumento che consente a un’impresa di favorire l’uscita anticipata dal lavoro di alcuni dipendenti, in un’ottica di riorganizzazione aziendale o riduzione del personale.
Si tratta cioè di una misura prevista dal diritto del lavoro italiano, che ha tuttavia ha implicazioni giuridiche, fiscali e previdenziali rilevanti.
In questo articolo scopriremo quali sono, quali alternative ha a disposizione l’azienda e come funziona la tassazione.
- Cos’è l’incentivo all’esodo
- Come funziona l’incentivo all’esodo
- Prestazione di esodo per la pensione
- Cosa comporta per l’azienda questo incentivo
- Tassazione e contribuzione
- Quando conviene proporre un incentivo all’esodo
- Gestisci contratti, assunzioni e licenziamenti con Factorial
- Domande frequenti relative all’incentivo all’esodo
Cos’è l’incentivo all’esodo
Per incentivo all’esodo si intende un accordo economico tra datore di lavoro e lavoratore volto a favorire la cessazione consensuale del rapporto prima della naturale maturazione della pensione. In genere, prevede l’erogazione di una somma una tantum o di un piano di corresponsione mensile che viene offerto per indurre il lavoratore ad accettare l’uscita anticipata.
Tale pratica è utilizzata prevalentemente in contesti di crisi, riorganizzazione o razionalizzazione del personale, ma può essere applicata anche in modo individuale e non necessariamente legato a piani collettivi.
Come funziona l’incentivo all’esodo
L’incentivo all’esodo può assumere diverse forme, definite nel rispetto delle norme generali del diritto del lavoro e della contrattazione collettiva. Ecco le principali:
- Prestazione di esodo, prevista dall’art. 4, commi 1-7 ter della Legge n. 92/2012 (nota come Legge Fornero), che prevede un particolare meccanismo per i lavoratori di accompagnamento alla pensione;
- Esodo volontario, la forma più diffusa e semplice, che consiste nella cessazione consensuale del rapporto di lavoro, accompagnata dalla corresponsione di una somma una tantum a titolo di incentivo, in accordo con quanto previsto dall’art. 1372 del codice civile (sull’autonomia contrattuale) e l’art. 41 D.Lgs. n. 81/2015;
- L’esodo previsto nell’ambito dei piani di ristrutturazione o riorganizzazione aziendale, spesso accompagnato da ammortizzatori sociali come CIGS o mobilità sulla base di precisi accordi collettivi tra azienda e parti sociali.
Tra queste, la prestazione di esodo è considerata tra le forme più rilevanti perché, a differenza di altri incentivi all’esodo basati su accordi individuali o collettivi, questa ha una disciplina chiara, codificata nella legge, che stabilisce i requisiti dei lavoratori, le responsabilità del datore di lavoro, l’intervento dell’INPS come gestore della prestazione. E questo, di fatto, garantisce certezza giuridica e una cornice regolamentata alle parti coinvolte.
Cerchiamo di capire quindi come funziona.
Prestazione di esodo per la pensione
Questa forma specifica di incentivo all’esodo è uno strumento mirato, non generalizzato, e adatto a favorire il turnover generazionale in aziende. Nel dettaglio, possono ricorrere alla prestazione di esodo per la pensione le imprese con più di 15 dipendenti, che a loro volta possono stipulare un accordo con i lavoratori che si trovano a non più di 7 anni dalla pensione, ovvero dal raggiungimento dei requisiti pensionistici per la pensione di vecchiaia o anticipata. In questo caso, il datore di lavoro si impegna a versare:
- Un’indennità mensile di accompagnamento pari all’importo della pensione maturata, fino alla decorrenza effettiva della pensione;
- La contribuzione figurativa utile a mantenere inalterata la posizione previdenziale del lavoratore.
L’accordo deve essere autorizzato dall’INPS, che effettua un calcolo preventivo dei costi e rilascia un nulla osta.
Tuttavia, la prestazione è interamente a carico dell’azienda, che anticipa il costo stimato della prestazione all’INPS ma beneficia di un piano di rateizzazione (fino a 120 mesi). Si tratta quindi di una forma sostenibile solo per aziende con adeguata capacità economica, ma molto utile in piani di riorganizzazione o ristrutturazione.
Cosa comporta per l’azienda questo incentivo
L’incentivo all’esodo rappresenta un costo diretto per l’azienda, sia in termini di importo riconosciuto al lavoratore, sia per la copertura integrale degli oneri previdenziali, che devono essere garantiti dal datore di lavoro.
In caso di incentivo all’esodo volontario o riconosciuto nell’ambito dei piani di ristrutturazione o riorganizzazione aziendale, l’azienda si impegna a corrispondere quanto dovuto direttamente, secondo gli accordi raggiunti. Mentre, la prestazione di esodo riconosciuta dalla Legge Fornero prevede una specifica procedura che comporta:
- Una valutazione finanziaria preventiva da parte dell’INPS;
- La prestazione di garanzie da parte dell’azienda, come fideiussioni bancarie;
- La stipula di accordi individuali o collettivi con i lavoratori;
- Il rispetto delle tempistiche per evitare interruzioni nella maturazione della pensione.
Il datore di lavoro, però, non versa direttamente le somme al dipendente, ma si impegna a versare all’INPS il costo stimato del trattamento, calcolato su base attuariale. Sebbene l’azienda possa accedere a un piano di rateizzazione fino a 120 mesi, si tratta comunque di un esborso economicamente rilevante, che richiede capacità finanziaria adeguata, garanzie fideiussorie e pianificazione di lungo periodo.
Questa differenza è sostanziale: mentre negli incentivi tradizionali il lavoratore riceve un importo tassato e poi può restare senza reddito fino alla pensione (salvo alternative come Naspi o altre misure), nella prestazione di esodo viene garantita una continuità di reddito e copertura contributiva, sostenuta dall’azienda ma gestita operativamente dall’INPS.
Tassazione e contribuzione
Quando si parla di incentivo all’esodo, nella generalità dei casi, ovvero quando l’azienda riconosce direttamente al lavoratore una somma una tantum (magari a seguito di accordi aziendali mirati o sindacali), tale importo:
- È soggetto a tassazione ordinaria IRPEF, secondo le aliquote progressive applicabili al reddito complessivo del lavoratore;
- Non concorre alla determinazione del TFR (Trattamento di Fine Rapporto);
- Non è soggetto a contribuzione previdenziale, poiché non rappresenta una retribuzione imponibile ai fini INPS, purché erogato alla cessazione effettiva del rapporto di lavoro (circostanza necessaria per non inquadrare l’incentivo come retribuzione differita).
In questo scenario, il lavoratore subisce l’imposizione fiscale su quanto ricevuto, mentre il datore di lavoro non è tenuto a versare contributi previdenziali.
Diverso è invece il trattamento previsto per la prestazione di esodo disciplinato dalla Legge n. 92/2012 (Legge Fornero). In questo caso, la prestazione sostitutiva del reddito che accompagna il lavoratore fino alla pensione è effettuata direttamente dall’INPS, anche se è il datore di lavoro a sostenere integralmente l’onere economico, anticipando il costo stimato dell’intera operazione all’Istituto (con possibilità di rateizzazione).
Per questo motivo, trattandosi di un trattamento assimilabile alla disoccupazione (pur di natura diversa):
- Non è prevista alcuna tassazione in capo al lavoratore, per cui l’importo percepito non è soggetto a IRPEF;
- L’azienda si fa carico anche della contribuzione figurativa per il periodo di copertura fino al pensionamento, secondo quanto previsto dalla normativa previdenziale.
La contribuzione figurativa non è un versamento effettivo in busta paga, ma rappresenta un accredito contributivo che garantisce al lavoratore la piena copertura previdenziale (sia per il diritto sia per la misura della pensione). È a carico dell’impresa, che versa all’INPS un importo aggiuntivo calcolato sul valore figurativo del periodo di esodo.
Quando conviene proporre un incentivo all’esodo
L’incentivo all’esodo conviene quando il lavoratore si trova a breve distanza dalla pensione (entro 5-7 anni) e l’azienda intende ristrutturare il personale riducendo il contenzioso. Volendo fare una rapida analisi costi-benefici, conviene quando l’incentivo è inferiore rispetto al costo complessivo del dipendente fino al pensionamento o quando ci sono accordi sindacali o di categoria che prevedono agevolazioni per queste operazioni.
Molte aziende scelgono volontariamente di attivare la prestazione di esodo, perché rappresenta una soluzione efficace e strategica nei percorsi di riorganizzazione aziendale, riduzione del personale e ricambio generazionale. Una delle ragioni principali è la possibilità di concordare le uscite in modo volontario, graduale e non conflittuale, evitando procedure più rigide o traumatiche come i licenziamenti collettivi. Questo approccio favorisce un clima aziendale più sereno, riduce i contenziosi e migliora la gestione dei rapporti sindacali.
Inoltre, lo scivolo pensionistico consente di favorire il turnover e l’ingresso di nuove competenze, contribuendo alla modernizzazione della forza lavoro e alla sostenibilità dei costi del personale. L’azienda può infatti sostituire le risorse in uscita con nuove assunzioni, spesso più giovani e con competenze digitali aggiornate, ottenendo nel medio termine un beneficio competitivo.
Un altro aspetto interessante è la flessibilità dell’accordo, che può essere costruito su misura, sia per singoli lavoratori sia per interi gruppi, con durate variabili e possibilità di integrare ulteriori incentivi economici (es. indennità una tantum o buonuscite). In questo senso, ilfatto che l’INPS effettui un calcolo preventivo del costo complessivo dell’esodo permette all’impresa di pianificare meglio l’impatto economico, con un controllo più preciso dei flussi finanziari.
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Domande frequenti relative all’incentivo all’esodo
Cosa sono gli incentivi all’esodo?
Gli incentivi all’esodo sono compensazioni economiche offerte dal datore di lavoro per favorire l’uscita anticipata dal lavoro di un dipendente, spesso in prossimità della pensione.
Come si calcola un incentivo all’esodo?
Dipende dalla contrattazione individuale o collettiva. Può essere una somma forfettaria o un piano rateizzato, anche parametrato all’anzianità di servizio o alla distanza dalla pensione.
Chi paga l’esodo?
Generalmente il datore di lavoro è tenuto a pagare l’esodo del dipendente. Nel caso della prestazione di esodo pensionistica (art. 4 Legge n. 92/2012), l’importo è anticipato dal datore ma erogato dall’INPS.
Come funziona la prestazione di esodo per la pensione?
Per la prestazione di esodo per la pensione, il datore di lavoro si fa carico dell’erogazione di un assegno mensile e dei contributi figurativi fino alla maturazione della pensione, previa autorizzazione e calcolo INPS.
Cosa comporta per il datore di lavoro l’incentivo all’esodo?
L’incentivo all’esodo comporta l’assunzione di un impegno economico significativo, la necessità di pianificare la spesa nel lungo periodo e, in alcuni casi, l’obbligo di presentare garanzie finanziarie.