Quali sono i quesiti del Referendum 2025? Cosa potrebbe cambiare per le aziende se vincesse il SÌ?
Domenica 8 e lunedì 9 giugno i cittadini italiani aventi diritto al voto sono chiamati a partecipare al referendum popolare abrogativo per esprimersi su cinque quesiti in materia di lavoro e cittadinanza.
In particolare, tre di questi riguardano sia i lavoratori che le aziende, perché intervengono sulla disciplina dei licenziamenti e delle assunzioni.
Vediamo in dettaglio cosa potrebbe cambiare.
- Cosa può cambiare per le aziende
- Le nuove disposizioni in tema di licenziamenti
- Le nuove disposizioni sulle assunzioni
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Cosa può cambiare per le aziende
Il referendum dell’8 e 9 giugno 2025 include tre quesiti che riguardano direttamente il mondo del lavoro e potrebbero avere implicazioni significative per le aziende italiane.
Ecco una sintesi dei principali cambiamenti potenziali:
- Addio ai contratti a tutele crescenti, introdotti dal Jobs Act nel 2016 e possibile ritorno alle vecchie regole sui licenziamenti, con maggiore tutela per i lavoratori e meno flessibilità per le aziende;
- Cancellazione del limite massimo fissato per l’indennità di licenziamento per le piccole imprese;
- Nuove restrizioni per l’uso di contratti a tempo determinato.
Le nuove disposizioni in tema di licenziamenti
Le modifiche proposte dal referendum dell’8 e 9 giugno potrebbero incidere profondamente sulla disciplina dei licenziamenti, introducendo maggiori tutele per i lavoratori e nuovi obblighi per le aziende.
Vediamo, nel dettaglio, cosa cambia.
Ritorno alla disciplina pre-Jobs Act
Il primo quesito referendario mira ad abrogare le norme introdotte dal Jobs Act con il contratto a tutele crescenti, che nel 2016 – per le imprese con più di 15 dipendenti – ha modificato le regole sui licenziamenti per i lavoratori assunti a tempo indeterminato.
In particolare, la disciplina (attualmente in vigore) prevede che, in caso di licenziamento illegittimo, il lavoratore ha diritto a un indennizzo economico proporzionato all’anzianità di servizio, ma senza possibilità di reintegro, salvo casi particolari.
Con l’abrogazione, cioè qualora al referendum dovesse vincere il “Sì”, si tornerebbe alla disciplina precedente, che prevede la reintegrazione nel posto di lavoro nei casi in cui il giudice dichiari ingiusta e infondata l’interruzione del rapporto.
Licenziamenti nelle piccole imprese
Il secondo quesito del referendum riguarda le imprese con meno di 15 dipendenti, che attualmente godono di un regime semplificato in caso di licenziamento illegittimo. In queste situazioni, infatti, se un lavoratore viene licenziato senza giustificazione valida, l’azienda è tenuta a riconoscere un indennizzo economico, ma entro un limite massimo stabilito per legge.
Se il referendum abrogasse le norme attuali, verrebbe meno il tetto massimo fissato per l’indennizzo, lasciando al giudice la discrezionalità nella quantificazione del risarcimento.
Le nuove disposizioni sulle assunzioni
Oltre ai licenziamenti, uno dei quesiti referendari (il terzo) punta a modificare l’approccio normativo riguardo i contratti, che potrebbe cambiare il modo in cui le aziende gestiscono le assunzioni e le collaborazioni esterne.
Attualmente, la normativa consente un certo grado di flessibilità nell’uso dei contratti a tempo determinato, grazie anche alla possibilità di rinnovo entro limiti prestabiliti e all’utilizzo di “causali” generiche.
Il referendum punta a restringere questo ambito, rendendo più rigido il ricorso ai contratti a termine.
In particolare, se la maggior parte vota per il “SÌ”, l’abrogazione della normativa attuale comporterebbe:
- L’eliminazione del limite di 12 mesi per i contratti senza causale: attualmente un contratto a termine può durare fino a 12 mesi senza motivazioni specifiche, mentre con il “SÌ”, sarebbe necessario giustificare il contratto con una causale tecnica, organizzativa o produttiva;
- L’obbligo di causale anche per rinnovi brevi: ad oggi è necessaria una causale solo per rinnovi superiori ai 12 mesi, con il “SÌ” al Referendum 2025, la causale diventerebbe obbligatoria anche per rinnovi inferiori a tale durata.
Con una vittoria del “NO”, invece, le normative attuali resterebbero in vigore.
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