Il contratto a tempo determinato si caratterizza per una durata prestabilita e termina automaticamente al raggiungimento di una scadenza definita, per questo è una delle principali soluzioni contrattuali utilizzate dalle aziende per far fronte a esigenze temporanee di personale.
La disciplina di riferimento è stata aggiornata di recente con le nuove disposizioni approvate dal DDL Lavoro e il Decreto Milleproroghe 2025, che vanno ad aggiornare e integrare la normativa preesistente.
In questo articolo, esploreremo le principali caratteristiche del contratto a tempo determinato, le novità normative più recenti e risponderemo alle domande più frequenti che le aziende si pongono riguardo a quando e come ricorrere a questa tipologia di contratto.
- Cosa si intende per contratto a tempo determinato
- Novità 2025 sul contratto a tempo determinato
- Tipologie di contratti determinati
- Durata e limiti del contratto a tempo determinato
- Riassunzione dopo scadenza del contratto a tempo determinato
- Come funzionano il licenziamento e le dimissioni nel contratto a tempo determinato
- Gestisci onboarding, contratti e documenti aziendali con Factorial
- Domande frequenti relative al contratto a tempo determinato
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Cosa si intende per contratto a tempo determinato
Il contratto a tempo determinato è un accordo di lavoro in cui viene fissato un termine di scadenza, ovvero una durata precisa, durante la quale il lavoratore si impegna a svolgere un’attività per conto dell’azienda. Questo tipo di contratto viene comunemente adottato dalle imprese per far fronte a necessità temporanee, come la sostituzione di un lavoratore assente, la gestione di picchi stagionali o l’esecuzione di progetti a termine.
La normativa di riferimento per il contratto a tempo determinato è il Decreto Legislativo 81/2015, che ne regola le modalità di utilizzo, le condizioni specifiche e i diritti dei lavoratori. Con il DDL Lavoro approvato il 28 dicembre 2024 (in vigore il 12 Gennaio 2025) e il Decreto Milleproroghe 2025, sono state però introdotte modifiche significative che riguardano la durata dei contratti, la gestione dei periodi di prova, le causali e i limiti quantitativi per l’attivazione di contratti a tempo determinato.
Novità 2025 sul contratto a tempo determinato
Ecco le novità introdotte dal legislatore e che interessano l’attivazione di contratti a tempo determinato nel 2025.
Novità introdotte dal Decreto Milleproroghe 2025
- Fino al 31 dicembre 2025, sarà possibile stipulare contratti a tempo determinato superiori a 12 mesi solo se giustificati da una causale specifica, legata a esigenze tecniche, organizzative o produttive. Questo provvedimento di fatto proroga le disposizioni già in vigore nel 2024, mantenendo il requisito di giustificazione per contratti di lunga durata.
- È stato confermato il limite di 24 mesi per le missioni presso lo stesso utilizzatore.
Non sarà più possibile superare questo limite, nemmeno se il contratto a termine viene trasformato in contratto a tempo indeterminato.
Novità introdotte dal DDL Lavoro
- Per i contratti a tempo determinato, il periodo di prova sarà stabilito in base alla durata del contratto stesso. In particolare, per contratti della durata fino a sei mesi, il periodo di prova varierà tra i 2 e i 15 giorni, mentre per contratti che vanno dai sei ai dodici mesi, la durata del periodo di prova potrà essere compresa tra i 2 e i 30 giorni. Inoltre, se il contratto viene rinnovato per le stesse mansioni, non sarà necessario ripetere il periodo di prova. Infine, in caso di assenze, come malattia, infortunio o congedo, la durata del periodo di prova sarà estesa di conseguenza;
- Per alcune categorie di lavoratori, come disoccupati di lungo periodo o lavoratori svantaggiati, non sarà più necessario indicare una causale per i contratti a tempo determinato;
- Il numero di contratti a tempo determinato non potrà superare il 30% dei lavoratori a tempo indeterminato in un’azienda, con alcune eccezioni per categorie particolari. Nel calcolo del limite infatti non si considerano i disoccupati di lunga durata e i lavoratori svantaggiati.
Tipologie di contratti determinati
Esistono diverse tipologie di contratti a tempo determinato, che si differenziano in base alle esigenze specifiche del datore di lavoro e della natura del lavoro stesso.
In particolare, la legislazione italiana distingue:
- contratto a termine ordinario, che è il contratto più comunemente più utilizzato e prevede una durata determinata in fase di stipula, che può essere rinnovata o prorogata in base alle esigenze aziendali. Non dipende da un evento specifico, ma da esigenze di tipo operativo o organizzativo;
- contratto per sostituzione che, come il nome stesso suggerisce, viene utilizzato per sostituire un lavoratore che è assente per motivi di malattia, maternità o altre cause legittime. Pertanto, la durata del contratto è strettamente legata alla durata dell’assenza del lavoratore da sostituire e il contratto cessa automaticamente quando quest’ultimo rientra in servizio. Non è possibile prorogarlo oltre la durata dell’assenza del sostituito ma, in alternativa, è possibile attivarne un altro;
- contratto stagionale, a cui i datori di lavoro ricorrono per attività che si svolgono solo in determinati periodi dell’anno, come nelle attività turistiche o agricole. La durata del contratto è determinata dalla stagionalità dell’attività, quindi il contratto è limitato a un periodo annuale ripetibile, ma dipendente dalle stagioni di riferimento.
Un’altra tipologia di contratto a tempo determinato introdotto dalla Legge di Bilancio 2025 è il contratto per attività produttive specifiche e progetti a termine legati al PNRR. Questo contratto è stato pensato per gestire progetti legati al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza promosso dall’Unione Europea, che spesso richiedono attività temporanee e l’impiego di competenze specialistiche. La durata del contratto infatti dipende direttamente dalla durata del progetto o dell’attività produttiva specifica, che può variare a seconda delle caratteristiche e delle tempistiche del progetto finanziato dal PNRR. A differenza di altri contratti a termine, che si giustificano per esigenze produttive, organizzative o sostitutive, questo tipo di contratto è motivato dalla necessità di supportare un progetto con una scadenza ben definita, tipicamente correlata a iniziative strategiche finanziate dall’UE.
Durata e limiti del contratto a tempo determinato
La durata di un contratto a tempo determinato non può generalmente superare i 24 mesi, come stabilito dalla Decreto Legge 81/2015. Tuttavia, esistono delle possibilità di proroga, purché rispettino determinate condizioni.
Prima di tutto è necessario il consenso del lavoratore e, in secondo luogo, la proroga può essere effettuata al massimo per 4 volte nel corso di un periodo complessivo di 24 mesi, indipendentemente dal numero di contratti stipulati.
È importante notare che, una volta raggiunto il limite di proroghe previsto, il contratto non può essere ulteriormente rinnovato. In tal caso, se il datore di lavoro ha ancora bisogno di una prestazione lavorativa, dovrà necessariamente trasformare il contratto a tempo determinato in un contratto a tempo indeterminato. Questo sistema è pensato per evitare l’abuso dei contratti a termine, favorendo la stabilità occupazionale e limitando l’uso di contratti temporanei quando le esigenze aziendali non giustificano più una natura provvisoria del rapporto di lavoro.
Un’eccezione alla regola è rappresentata dai contratti a progetto legati al PNRR. In questi casi, la Legge di Bilancio 2025 ha previsto una maggiore flessibilità, consentendo il rinnovo per periodi più lunghi, ma solo per il raggiungimento degli obiettivi strategici fissati e la realizzazione delle attività previste.
Riassunzione dopo scadenza del contratto a tempo determinato
Alla scadenza di un contratto a tempo determinato, il datore di lavoro non ha l’obbligo di riassumere il lavoratore. Quindi, se non ci sono impegni precisi, la relazione lavorativa si conclude con la fine del contratto.
Tuttavia, se un contratto a tempo determinato scade, il datore di lavoro può decidere di riassumere il lavoratore, ma ci sono delle condizioni da rispettare:
- tra la fine di un contratto a tempo determinato e il suo rinnovo, in genere, deve esserci un periodo di pausa di almeno 10 o 20 giorni (la durata esatta è indicata nel CCNL di categoria e varia a seconda che il contratto sia inferiore o superiore a 6 mesi). Se questo periodo non viene rispettato, il contratto successivo può essere considerato a tempo indeterminato;
- non è obbligatorio che la riassunzione avvenga con la stessa tipologia di contratto;
- se la riassunzione è a tempo determinato deve essere giustificata da esigenze temporanee e specifiche, come ad esempio la sostituzione di un altro dipendente, picchi di lavoro stagionali etc;
- durante la riassunzione, il lavoratore conserva i diritti maturati nel periodo precedente, come il diritto alla maturazione delle ferie, TFR (Trattamento di Fine Rapporto) e altri diritti previsti dal contratto collettivo applicato;
Se il datore di lavoro non rispetta queste condizioni, può incorrere in sanzioni o in una causa legale per trasformare il contratto a tempo determinato in uno a tempo indeterminato.
Se invece il datore di lavoro desidera riassumere un lavoratore a tempo indeterminato dopo la scadenza di un contratto a tempo determinato, non ci sono particolari vincoli riguardo al periodo di pausa tra un contratto e l’altro. In questo caso, quindi, l’assunzione non è soggetta ai limiti temporali dei contratti a termine ma sarà regolata esclusivamente dalle disposizioni normative in vigore al momento della firma e dalle clausole previste dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) applicabile, che stabilisce i diritti e le condizioni specifiche per il lavoratore assunto a tempo indeterminato.
Come funzionano il licenziamento e le dimissioni nel contratto a tempo determinato
Nel contratto a tempo determinato, sia il datore di lavoro che il lavoratore possono decidere di interrompere il rapporto prima della scadenza, ma devono seguire specifiche procedure.
In particolare, il licenziamento durante un contratto a tempo determinato è possibile solo per giusta causa (una situazione grave che rende impossibile il proseguimento del rapporto di lavoro, ad esempio una condotta del lavoratore che comporta una violazione dei doveri contrattuali o legali) o giustificato motivo (legato a problematiche come un comportamento inefficiente o una riduzione dell’attività aziendale che rende il ruolo del lavoratore non più necessario).
Per quanto riguarda invece le dimissioni, il lavoratore può dimettersi in qualsiasi momento, rispettando il termine di preavviso previsto dal contratto o dalla contrattazione collettiva.
Infine, c’è anche la possibilità di risoluzione del contratto per mancato superamento del periodo di prova. Infatti, se un lavoratore non supera il periodo di prova, il datore di lavoro ha la possibilità di interrompere il rapporto di lavoro senza dover giustificare il licenziamento e senza preavviso, a meno che non siano previste specifiche clausole nel contratto o nel contratto collettivo applicato che richiedano una motivazione. In questi casi il lavoratore non ha diritto all’indennità di licenziamento ma al pagamento delle ore lavorate fino alla data di cessazione del contratto.
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Domande frequenti relative al contratto a tempo determinato
Come funziona un contratto a tempo determinato?
Il contratto a tempo determinato prevede una durata definita per il rapporto di lavoro. Il contratto termina automaticamente al raggiungimento del termine stabilito, salvo rinnovo o trasformazione in contratto a tempo indeterminato.
Quante volte possono rinnovare un contratto a tempo determinato?
Il contratto a tempo determinato può essere rinnovato fino a un massimo di 4 volte, ma la durata complessiva non deve superare i 24 mesi. Superato tale termine, il contratto deve essere trasformato in indeterminato.
Quanto può durare un contratto di tempo determinato?
Generalmente, un contratto a tempo determinato non può superare i 24 mesi. Tuttavia, ci sono alcune deroghe, come quelle per i contratti per attività legate al PNRR, cui durata può essere quella del progetto e, quindi, superiore ai due anni.
Che differenza c’è tra contratto a tempo determinato e indeterminato?
Il contratto a tempo determinato ha una scadenza prestabilita, mentre il contratto a tempo indeterminato non ha un termine e offre maggiore stabilità lavorativa.