Se un dipendente sta simulando di essere in malattia, ovvero se ci sono i presupposti di una “falsa malattia”, ci sono una serie di strumenti che il datore di lavoro ha per difendersi. Tuttavia, anche se si tratta di un’azione che può generare perdite e costi, non tutto è concesso e ogni azione di tutela intrapresa deve rispettare la normativa vigente in materia di lavoro, la tutela della privacy e i diritti del lavoratore.
Analizziamo quindi, alla luce della normativa e della giurisprudenza più recente, cosa si intende per falsa malattia, quali obblighi gravano sul lavoratore, cosa può fare il datore, come gestire la contestazione disciplinare, quali sanzioni sono possibili e rispondiamo alle domande frequenti.
- Cos’è la falsa malattia di un dipendente
- Obblighi del lavoratore durante la malattia
- Cosa può fare il datore di lavoro in caso di falsa malattia
- Contestazione disciplinare per falsa malattia
- Le sanzioni disciplinari possibili
- Domande frequenti sulla falsa malattia
Cos’è la falsa malattia di un dipendente
Per “falsa malattia” si intende la situazione in cui un dipendente presenta un certificato di malattia o resta assente per malattia senza che vi sia una reale patologia e simula un malore o un impedimento fisico per ottenere giorni di riposo, presentando un certificato medico ingannevole o falso. Lo stesso vale se non è inabile al lavoro, cioè quando la patologia è inesistente o talmente lieve da non giustificare l’assenza e la perdita dell’idoneità a svolgere le proprie mansioni.
Si configura poi come “falsa malattia” l’incompatibilità con lo stato dichiarato (con relativo comportamento fraudolento). Questo caso è più sottile e riguarda il comportamento del lavoratore durante il periodo di malattia, che intraprende attività (come lavorare per un altro datore, fare sport intensivo o svolgere lavori domestici pesanti) che sono chiaramente in contrasto con la patologia dichiarata.
Obblighi del lavoratore durante la malattia
Quando un dipendente è assente per malattia, ha una serie di obblighi che devono essere rispettati, sia verso l’ente previdenziale (INPS) sia verso il datore di lavoro / eventuale medico fiscale. Prima di tutto, deve rivolgersi al medico, comunicare il suo stato di salute e assicurarsi di trasmettere tempestivamente il certificato medico di malattia, nei tempi e modi previsti dalla normativa e dal contratto collettivo. In questo caso, è richiesto che collabori con il datore di lavoro nel rispettare eventuali richieste legittime di controllo (ad esempio tramite medico fiscale).
Poi deve rimanere reperibile nei periodi e nelle fasce orarie previste per la visita fiscale domiciliare (nel caso in cui scatti) e rendersi disponibile alla visita fiscale richiesta. Ovviamente, non deve svolgere attività incompatibili con lo stato di malattia. Ad esempio, se dichiara un’ernia che gli impedisce di stare seduto, ma viene sorpreso a lavorare in un cantiere, si tratta di un comportamento che potrebbe configurarsi come falsa malattia. In questi casi, si viola gravemente gli obblighi di buona fede, fedeltà e correttezza derivanti dal rapporto di lavoro subordinato.
Il mancato rispetto di questi obblighi può rappresentare un primo passo verso la contestazione della condotta del lavoratore. In situazioni del genere, l’azienda potrebbe decidere di avviare un’indagine per accertare la veridicità della malattia e prendere eventuali provvedimenti disciplinari.
Cosa può fare il datore di lavoro in caso di falsa malattia
Il datore di lavoro ha a disposizione diversi strumenti, da usare con cautela, per tutelarsi nel caso sospetti una falsa malattia. In partcilare, per i lavoratori assenti per malattia, può essere richiesta l’intervento del medico fiscale (attraverso INPS o mediante convenzioni previste) per verificare l’effettivo stato di malattia e la reperibilità del lavoratore.
In caso di sospetti, il datore di lavoro può anche monitorare i permessi per malattia per garantire che vengano utilizzati correttamente e solo per le situazioni effettivamente necessarie. In casi gravi possono essere utilizzate indagini private o servizi investigativi per raccogliere elementi che provino la simulazione della malattia o comportamenti incompatibili. Tuttavia, questo comporta limiti stringenti dal punto di vista della tutela della privacy e della dignità del lavoratore. Ad esempio, la Cassazione, con l’ordinanza n. 23578/2025, ha richiamato i limiti all’uso di investigazioni private. Infatti, i giudici hanno stabilito che: “è possibile investigare solo se esistono indizi concreti e verificabili, altrimenti si viola il diritto alla riservatezza del lavoratore”. Rientrano tra i motivi che giustificano queste azioni i comportamenti sospetti precedenti, l’irreperibilità continua e ingiustificata, nonché le segnalazioni specifiche.
In questi casi, il datore può raccogliere certificazioni, dichiarazioni, fotografie o altri elementi che testimonino l’assenza di malattia o la presenza di attività incompatibili con il riposo. Tali elementi dovranno poi sostenere la contestazione disciplinare.
Dal punto di vista giurisprudenziale, la Corte di Cassazione con ordinanza n. 172 del 7 gennaio 2025 ha confermato che è legittimo il licenziamento per giusta causa del dipendente che trasmette un certificato di malattia falso.
Qualora vi siano indizi, il datore prima di procedere al licenziamento può chiedere chiarimenti al dipendente, raccogliere la sua difesa e valutare la gravità del comportamento. Va ricordato che qualsiasi azione del datore deve rispettare il principio di proporzionalità, buona fede e correttezza, nonché la normativa in materia di protezione dei dati personali e libertà individuale del lavoratore.
Contestazione disciplinare per falsa malattia
Quando il datore di lavoro intende procedere con una contestazione disciplinare per falsa malattia, deve seguire il procedimento previsto dallo Statuto dei Lavoratori (Legge 20 maggio 1970, n. 300, artt. 7 e seguenti) e dal contratto collettivo applicabile. Ci sono cioè precise fasi da rispettare, ovvero:
- l’invio della lettera di contestazione: il datore redige una comunicazione scritta al dipendente, indicando in modo chiaro e circostanziato i fatti contestati (es. certificato falso; attività incompatibile con la malattia; assenza ingiustificata), chiedendo chiarimenti entro un termine (di norma 5-10 giorni, salvo diverso contratto);
- l’audizione del lavoratore: prima dell’irrogazione della sanzione disciplinare (specie se grave), il datore deve dare al lavoratore la possibilità di difendersi, esporre la propria versione e produrre eventuali documenti (art. 7 L. 300/1970);
- la decisione disciplinare: valutate le risposte del lavoratore e gli elementi raccolti, il datore decide l’eventuale sanzione da irrogare, in coerenza con il codice disciplinare aziendale, il contratto collettivo e il principio di proporzionalità;
- la comunicazione della sanzione: la sanzione va formalizzata per iscritto, indicando i motivi, la data di efficacia e i possibili rimedi (es. ricorso interno o sindacale).
È fondamentale rispettare la procedura. In caso contrario, il lavoratore può impugnare la sanzione o il licenziamento per vizi procedurali.
Le sanzioni disciplinari possibili
Le sanzioni disciplinari nei casi di falsa malattia possono variare in base alla gravità del comportamento, alla cadenza (isolato o reiterato) e alle conseguenze. In sintesi, sono previste:
- il richiamo o ammonimento: in caso di comportamento lieve, magari di prima volta, con poca gravità e impatto limitato;
- la sospensione: nei casi più gravi ma in cui non si ritiene che sussista la causa di licenziamento, può essere decisa una sospensione del rapporto (con o senza trattamento economico);
- il licenziamento per giusta causa: nei casi in cui la simulazione della malattia comporta una violazione tale da compromettere radicalmente il rapporto fiduciario (ad esempio: certificato falso, assenza di malattia provata, attività incompatibile, danno grave all’azienda). La giurisprudenza conferma che è legittimo il licenziamento quando il dipendente trasmette un certificato di malattia falso;
- il licenziamento per giustificato motivo soggettivo: nei casi in cui la condotta non abbia carattere così grave da richiedere la giusta causa, ma comunque costituisca motivo disciplinare rilevante.
Va sottolineato che l’efficacia dell’azione disciplinare dipende dalla corretta istruttoria, dalla tempistica (non troppo dilazionata), e dalla proporzionalità rispetto ai comportamenti. In caso di errore procedurale o di prova debole, la sanzione o il licenziamento potrebbero essere annullati o trasformati in risarcimento, se considerati eccessivi rispetto alle azioni commesse dal lavoratore.
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Domande frequenti sulla falsa malattia
Come dimostrare una falsa malattia del dipendente?
La prova della falsa malattia richiede la raccolta di elementi oggettivi quali:
- certificato medico che risulti palesemente falso o rilasciato da medico non autorizzato oppure contenente dati incompatibili con l’attività lavorata;
- documentazione fotografica, video o testimonianze che attestino lo svolgimento da parte del lavoratore di attività incompatibili con lo stato di malattia (es. lavoro autonomo, partecipazione ad eventi, viaggi, ecc.);
- visita fiscale o controllo medico che accerti la non idoneità alla malattia;
- comunicazioni del lavoratore che risultino contraddittorie rispetto allo stato di salute dichiarato;
- indagini private, purché condotte nei limiti del diritto e con indizi concreti (come chiarito dalla Cassazione n. 23578/2025).
Il datore deve quindi costruire un fascicolo con evidenze certe, che siano utilizzabili in caso di contestazione disciplinare o giudiziale.
Cosa si rischia per una falsa malattia?
Dal lato del lavoratore, la falsa malattia può comportare sanzioni disciplinari (richiamo, sospensione, licenziamento) come già illustrato. In alcuni casi, se viene coinvolta la frode nei confronti dell’INPS o dell’ente previdenziale, può configurarsi il reato penale di truffa ai danni dello Stato o dell’ente previdenziale. Dal lato del datore di lavoro, invece, se non si agisce correttamente, il licenziamento può essere impugnato e dichiarato illegittimo se mancano le prove, se la procedura disciplinare non è rispettata, o se è irragionevole la sanzione. Il rischio è quindi quello di dover riconoscere un risarcimento nei confronti del dipendente per danni o mancata retribuzione, se il licenziamento viene qualificato come ingiustificato.
Entro quanto tempo si può licenziare per falsa malattia?
Non esiste un termine prefissato dalla legge che stabilisca un “periodo di prescrizione” specifico per l’azione disciplinare nel caso di falsa malattia; tuttavia è buona prassi che il datore agisca tempestivamente, non appena abbia elementi, al fine di garantire la liceità della sanzione o licenziamento. Ritardi eccessivi possono essere considerati violazione del principio di proporzionalità e buona fede. In caso di licenziamento, bisogna osservare le forme e i termini previsti dalla normativa sul licenziamento individuale (legge n. 604/1966 e successive modifiche) e dal contratto collettivo applicabile: ad esempio forma scritta, motivazione su richiesta, preavviso ove previsto. In giurisprudenza, la condotta del datore che mantenga in azienda il lavoratore per lungo tempo dopo aver acquisito elementi della falsa malattia può rendere discutibile la scelta del licenziamento per giusta causa. In ogni caso, l’azione del datore è consigliabile non appena emergono elementi concreti, sempre nel rispetto della procedura.

