Randstad ha pubblicato il suo “Workmonitor” per il 2025, uno studio annuale che fornisce una visione completa su quali siano le tendenze nel mondo del lavoro e come cambi la percezione dei lavoratori rispetto alle proprie priorità.
Il report di quest’anno conferma una tendenza che abbiamo visto crescere sempre di più tra le nuove generazioni: quella dell’immedesimazione sempre più preponderante nel proprio lavoro da parte dei lavoratori e dell’importanza per i dipendenti di immedesimarsi con i valori della propria azienda.
Proprio per questo, Randstad introduce il concetto di “personalizzazione“: i lavoratori cercano opportunità lavorative che si allineino maggiormente alle loro circostanze, aspirazioni e valori unici. Ma non è l’unico tema di cui ha parlato il gruppo di consulenza di servizi per le risorse umane: anche skilling e community sono le parole chiave per identificare i trend del nuovo anno.
- Che cos’è il Workmonitor
- Quali sono le tendenze per il 2025
- La “personalizzazione” del mondo del lavoro
- Costruire un senso di comunità
- Nuove skills corrispondono a nuove opportunità
- La situazione in Italia
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Che cos’è il Randstad Workmonitor
Il Workmonitor di Randstad, che viene pubblicato annualmente, rappresenta uno degli studi più importanti relativi alle tendenze del mondo del lavoro. Il suo compito è quello di “condividere la voce dei talenti”, ovvero di dimostrare come si sono evolute le aspettative dei lavoratori anno dopo anno.
Questo report viene realizzato intervistando 26mila lavoratori in 35 paesi, divisi in quattro continenti diversi.
Il report di quest’anno evidenzia un dato storico, perché, per la prima nei 22 anni di storia del Workmonitor, l’equilibrio tra lavoro e vita privata supera la retribuzione come principale motivatore dei lavoratori. La retribuzione è ancora importante, ma i talenti di oggi hanno aspettative sfaccettate.
Quali sono le tendenze per il 2025 secondo il Randstad Workmonitor
Questo dato aiuta già a tracciare quali siano stati i principali findings per il 2025.
Dalla ricerca, infatti, si evince come, con il passare degli anni, i lavoratori siano preoccupati sempre di più dalla propria crescita professionale e dall’adesione ai valori che comunica l’azienda. Come già avevano dimostrato diversi studi, in particolare le generazioni più giovani considerano il lavoro come parte integrante della propria identità, evidenziando un forte legame emotivo con la propria occupazione.
Se negli studi passati, però, questi concetti rimanevano astratti, recentemente queste teorie hanno trovato applicazioni sempre più pratiche, che hanno portato Randstad a identificare specifiche aree di interesse per le priorità identificate dalla forza lavoro. Aree che possono essere riassunte in the parole chiave: personalizzazione, comunità e skilling.
La “personalizzazione” del mondo del lavoro
Partiamo dal concetto di personalizzazione.
Secondo quanto evidenziato dal Randstad Workmonitor, una crescente esigenza dei dipendenti è quella di avere obiettivi e benefit sempre più “personalizzati” rispetto alle proprie esigenze. Mai come ora, l’ambizione si sposta più che verso una crescita a livello di salario e posizione lavorativa verso, invece, la crescita personale e il benessere sul luogo di lavoro. Benefit e carrer-path personalizzati sono gli elementi chiave.
L’equilibrio tra lavoro e vita privata rimane fondamentale ed è ora il fattore più importante per i talenti quando si tratta di scegliere il proprio datore di lavoro attuale o futuro (83%), insieme alla sicurezza del lavoro (83%).
Il 42% degli intervistati appartenenti alla generazione Millennials e il 43% di quelli appartenenti alla Gen Z hanno affermato di aver lasciato il proprio lavoro perché non si sposava bene con la loro vita privata.
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Fonte: Randstad
Costruire un senso di comunità
Il Randstad Workmonitor ha dimostrato anche un crescente bisogno da parte della forza lavoro di trovare un senso di comunità nella propria azienda.
Con un aumento sostanziale rispetto al 2024, più della metà degli intervistati da Workmonitor afferma che la mancanza di senso di appartenenza è una ragione per lasciare potenzialmente il proprio lavoro. Per molti, sentirsi parte di una comunità è importante per il rendimento, la produttività e l’equilibrio tra lavoro e vita privata.
I lavoratori di oggi preferiscono sempre di più dare la priorità a un’azienda con una comunità più forte rispetto a una retribuzione più alta, e avrebbero meno dubbi nel lasciare posizioni che percepiscono come tossiche.
Questo, però, non è soltanto relazionato alle proprie aspirazioni personali: l’85% degli intervistati, infatti, dichiara di ottenere risultati migliori quando c’è un senso di comunità in azienda e l’83% afferma di lavorare meglio quando ha un rapporto amichevole con i colleghi.
Nuove skills corrispondono a nuove opportunità
Naturalmente, anche l’Intelligenza Artificiale si è dimostrata un tema sempre più importante e, con essa, un bisogno sempre più impellente di dare priorità alla formazione continua e all’acquisizione di nuove competenze (skilling) che permettano di rimanere al passo con le innovazioni tecnologiche.
Globalmente, il 72% dei lavoratori ha affermato di considerare la formazione come importante nella scelta della propria azienda. Inoltre, è cresciuto il numero di dipendenti che ha affermato di aver lasciato il proprio lavoro perché non gli sono state offerte opportunità di migliorare le proprie competenze, salendo dal 16% del 2024 al 23% del 2025.
Sono le generazioni più giovani a fare da trascinatrici per questa tendenza: quasi la metà dei lavoratori Millennials e Gen Z intervistati, infatti, sono propensi a non perseguire un ruolo di lavoro che non offre opportunità di formazione.
L’Intelligenza Artificiale è la preoccupazione maggiore dei dipendenti: è questo, infatti, l’argomento su cui la maggior parte dei lavoratori vorrebbe formarsi (40%), seguito dall’acquisizione di competenze digitali (30%) e da corsi di formazione sulle skills di leadership (20%).
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Fonte: Randstad
La situazione in Italia
Ma come si posiziona il nostro Paese rispetto agli altri intervistati?
Secondo quanto evidenziato dallo studio, i lavoratori in Italia sono generalmente allineati con le medie globali quando si considerano i temi chiave identificati nel Randstad Workmonitor 2025.
Nonostante ciò, rispetto alla media, i lavoratori del nostro Paese ripongono meno interesse nel lasciare un ruolo che non offre opportunità di progressione di carriera (21% rispetto al 31% della media globale).
La discrepanza più importante riguarda forse la formazione continua e l’acquisizione di nuove competenze in ottica intelligenza artificiale. Se, globalmente, il 27% dei lavoratori pensano che dovrebbe essere una responsabilità del datore di lavoro quella di formare i dipendenti, per quanto riguarda i lavoratori italiani questa percentuale sale al 47%: quasi un lavoratore su due, quindi, pensa che sia compito dell’azienda fare acquisire loro nuove competenze tecnologiche.