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Consigli di leadership

Randstad HR Trends Survey 2025: benessere, formazione e AI come leve strategiche

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Quasi 7 lavoratori su 10 ritengono fondamentale che le aziende si prendano cura del loro benessere mentale.

Questo dato, emerso dall’HR Trends Survey 2025 di Randstad, non è solo un numero: è un segnale chiaro che salute psicologica e soddisfazione del personale sono leve strategiche per costruire organizzazioni resilienti, inclusive e orientate al futuro.

L’indagine HR Trends Survey 2025 di Randstad

Realizzata in collaborazione con l’Alta Scuola di Psicologia Agostino Gemelli (ASAG) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, la ricerca HR Trends Survey 2025 di Randstad Professional Leaders Search & Selection esplora i principali trend che stanno ridisegnando la gestione delle risorse umane in Italia. Attraverso un approccio qualitativo e quantitativo, lo studio ha coinvolto oltre 355 responsabili HR e 563 lavoratori provenienti da imprese di diversi settori, per analizzare tre dimensioni centrali:

  • Il benessere mentale
  • Il ruolo dell’intelligenza artificiale
  • La formazione come leva strategica di crescita

I risultati raccontano un quadro in evoluzione: nelle organizzazioni, il benessere psicologico, la qualità delle relazioni tra colleghi e le opportunità di sviluppo sono ormai riconosciuti come fattori cruciali per la produttività e la fidelizzazione dei talenti. Tuttavia, la ricerca evidenzia un divario significativo tra le iniziative dichiarate dalle aziende e la percezione reale dei lavoratori, che spesso riportano ansia, senso di esclusione e mancanza di pratiche strutturate a supporto della collaborazione.

Anche l’intelligenza artificiale rappresenta un punto di attenzione. Per gli HR è ormai un passaggio obbligato, ma molti lavoratori la vivono con un mix di curiosità e timore. Se accompagnata da percorsi formativi adeguati, può alleggerire i carichi di lavoro e migliorare l’equilibrio vita-lavoro; in caso contrario, rischia di minare il senso di utilità e appartenenza.

La vera sfida per le aziende è integrare benessere, collaborazione e crescita in una strategia coerente, evitando che restino slogan isolati. Solo così il benessere potrà diventare un ingrediente tangibile di valore umano e organizzativo, capace di sostenere l’innovazione e la competitività nel lungo periodo.

Benessere mentale: non più un benefit, ma una strategia vincente

Il benessere mentale è oggi uno dei pilastri più rilevanti per la sostenibilità e la competitività delle organizzazioni. Secondo il survey, le funzioni HR considerano la cura della salute psicologica dei collaboratori una leva strategica, capace di generare benefici su più livelli: da un lato, migliora la qualità della vita e il clima aziendale; dall’altro, si traduce in maggiore engagement, motivazione e produttività, riducendo assenteismo e turnover.

La centralità del tema è condivisa anche dai lavoratori: il 68,5% dei candidati ritiene fondamentale che le aziende si prendano cura del loro benessere mentale non solo in ambito professionale, ma anche personale. Tra gli HR, la convinzione è leggermente più contenuta (58%), ma conferma l’importanza della salute psicologica come fattore strategico. Tuttavia, permane una discrepanza tra percezione e realtà, infatti poco più della metà dei dipendenti ritiene che la propria azienda consideri davvero importante il benessere mentale, mentre tra gli HR la percezione è più diffusa (77% delle aziende dichiara di prestare attenzione al tema).

Randstad HR Trends Survey 2025

Fonte: Randstad Professional

Le imprese che si stanno muovendo in questa direzione adottano due principali linee di azione. La prima riguarda la costruzione di un’organizzazione attenta e reattiva, capace di riconoscere segnali di disagio e indirizzare le persone verso supporti adeguati. La seconda punta sulla prevenzione e promozione del benessere, attraverso iniziative dedicate a creare un clima collaborativo e inclusivo: dai servizi di supporto psicologico (interni o esterni), a workshop di self-leadership, coaching individuale, corsi di soft skills e team building, fino a progetti più creativi come corsi di improvvisazione teatrale, esperienze sportive e culturali, buddy program per l’onboarding o attività di volontariato aziendale.

L’indagine mostra che solo il 45% degli HR ha implementato strumenti o progetti per il benessere mentale dei dipendenti, mentre un ulteriore 26,7% li ha pianificati senza ancora attivarli. Tra i lavoratori, circa un terzo ha effettivamente avuto accesso a iniziative strutturate, confermando un divario tra le politiche aziendali e la percezione reale dei collaboratori. Le grandi aziende mostrano una maggiore penetrazione di programmi dedicati, evidenziando l’importanza di dimensione e risorse nell’implementazione delle politiche di benessere.

Parallelamente, cresce l’attenzione verso il benessere organizzativo, inteso come prerequisito per la salute mentale diffusa. Le leve più efficaci includono flessibilità oraria e smart working, riconoscimenti economici e incentivi mirati, iniziative di connessione sociale e percorsi formativi per rafforzare comunicazione e collaborazione. Tuttavia, resta cruciale saper supportare senza invadere, bilanciando sostegno e rispetto della privacy senza trasformare gli strumenti di benessere in forme di controllo.

I dati evidenziano come circa un terzo dei candidati dichiari di aver sperimentato stress o burnout, con picchi più elevati tra i Millennials, mentre nella Generazione Z la polarizzazione è maggiore, con alcuni individui resilienti e altri soggetti a elevati livelli di stress ed esaurimento emotivo.

Il benessere mentale, quindi, non è più un semplice benefit, ma una vera strategia di business. Le aziende che ascoltano e supportano i propri collaboratori in modo autentico costruiscono ambienti di lavoro più sani, team più coesi e organizzazioni più resilienti.

L’AI al servizio del talento

L’intelligenza artificiale sta progressivamente entrando nei flussi di lavoro delle aziende italiane, anche se per lo più in maniera non strutturata. Secondo l’HR Trends Survey 2025, circa metà delle aziende ha introdotto strumenti AI, e tra queste il 24% li utilizza anche nei dipartimenti HR, con un incremento di 16 punti percentuali rispetto al 2024. L’AI viene principalmente impiegata per automatizzare attività ripetitive e a basso valore aggiunto, come la redazione di testi tecnici o la gestione di processi regolamentati, consentendo ai lavoratori di concentrarsi su compiti più qualificanti e stimolanti.

La percezione dell’impatto dell’AI è generalmente positiva, sia tra HR sia tra candidati, soprattutto per quanto riguarda l’aumento dell’efficienza, semplificazione e velocizzazione del lavoro. Tuttavia, emergono anche criticità, in quanto oltre un terzo dei rispondenti ritiene che l’adozione dell’AI possa ridurre il senso di utilità delle persone o creare insicurezza lavorativa. Entrambi i gruppi segnalano la necessità di regolamentare l’uso interno dell’AI, definendo regole condivise e coinvolgendo le risorse nel processo di innovazione, per valorizzarne il contributo e ridurre possibili gap tra iniziative individuali e strategie aziendali.

Dal punto di vista del benessere e della soddisfazione dei lavoratori, l’AI può avere effetti positivi perché la delega di compiti ripetitivi libera tempo per attività più significative, migliorando motivazione e coinvolgimento. Restano però ambiti in cui l’AI non può sostituire l’intervento umano, come le attività ad alta componente emotiva, la leadership, la gestione delle persone e delle relazioni, la creatività artistica e culturale e tutti quei compiti che richiedono competenze come empatia, intuizione, pensiero critico e capacità di negoziazione.

Secondo HR e candidati, nei prossimi cinque anni l’AI avrà il maggiore impatto positivo su attività fortemente regolamentate e su processi decisionali complessi, mentre l’adozione diffusa richiederà attenzione a sicurezza, privacy e gestione delle competenze, garantendo un equilibrio tra innovazione tecnologica e valorizzazione delle persone.

Randstad HR Trends Survey 2025: intelligenza artificiale

Fonte: Randstad Professional

La formazione che sostiene il cambiamento

La formazione aziendale conferma il suo ruolo centrale come leva strategica per guidare cambiamento, crescita e benessere organizzativo. Secondo l’indagine, due terzi delle aziende stanno aumentando gli investimenti in formazione, affidandole principalmente lo sviluppo delle soft skills (72%) e delle hard skills (61%), oltre alla preparazione ai cambiamenti aziendali e tecnologici (56%). Anche i CEO sottolineano come la formazione sia cruciale per favorire l’engagement, guidare la trasformazione culturale e sviluppare competenze trasversali fondamentali come comunicazione, problem solving, team working e leadership positiva.

Randstad HR Trends Survey 2025: formazione

Fonte: Randstad Professional

Per quanto riguarda le hard skills, molte organizzazioni puntano sia sull’outsourcing sia sulla contaminazione interna, incentivando lo scambio di conoscenze tra colleghi più e meno esperti. Questa modalità aiuta a colmare gap di competenze, favorisce il senso di appartenenza e sfrutta la propensione all’auto-apprendimento delle risorse più giovani. Parallelamente, le soft skills vengono riconosciute come strumenti indispensabili per affrontare complessità, incertezza e cambiamenti continui, con un impatto positivo sul clima aziendale e sul benessere mentale.

La formazione assume anche una dimensione sociale, volta a favorire la conoscenza tra colleghi, rafforzare motivazione e spirito di squadra e creare un ambiente di lavoro positivo, obiettivi sempre più integrati nella strategia formativa. Come sottolinea Caterina Gozzoli, professoressa di Psicologia della convivenza socio-organizzativa dell’Università Cattolica:

Nelle organizzazioni il benessere mentale, le relazioni tra colleghi e la formazione sono elementi cruciali. La credibilità dell’azienda si gioca nella capacità di proporre azioni integrate, in cui crescita e benessere non restino slogan, ma diventino strumenti concreti di miglioramento professionale e organizzativo.

Nonostante l’attenzione degli HR, emerge un divario tra percezione aziendale e interesse dei dipendenti: le aziende ritengono rilevante la formazione solo per il 14% dei collaboratori, mentre quasi 4 su 10 lavoratori la considerano invece importante. Questo dato evidenzia come investire in formazione sia oggi più che mai una priorità strategica, capace di sostenere sviluppo, engagement e competitività.

Il ruolo centrale dell'HR

L’indagine condotta da Randstad conferma come il ruolo dell’HR stia diventando sempre più strategico all’interno delle organizzazioni. I responsabili delle risorse umane sono oggi chiamati a favorire il benessere dei lavoratori, a guidare le persone verso un’adozione consapevole e produttiva dell’AI e a investire nella formazione dei talenti, garantendo così il mantenimento e lo sviluppo del know-how interno.

Per operare efficacemente, gli HR puntano su monitoraggio sistematico e ascolto: survey interne, sondaggi periodici e modelli di misurazione diventano strumenti fondamentali per comprendere bisogni, percezioni e criticità. Solo grazie a una conoscenza approfondita del contesto organizzativo è possibile orientare strategie e iniziative, costruendo ambienti di lavoro più sani, inclusivi e capaci di sostenere crescita e innovazione.

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Laureata in Marketing alla LUISS, vive a Barcellona dove lavora nel content marketing per Factorial, occupandosi della creazione di contenuti per il mercato italiano. Appassionata di viaggi, arte e cinema, nel tempo libero ama scoprire nuove culture e sperimentare nuove cucine.