La Gen Z ha ormai fatto il suo ingresso nel mondo del lavoro, portando con sé una ventata d’aria fresca. Oltre a grande energia e proattività, questa generazione pone i team HR e i leader aziendali di fronte a nuove sfide, soprattutto legate alla formazione aziendale.
Ogni generazione, infatti, ha una visione differente del mondo del lavoro, influenzata dal contesto socioculturale nel quale è cresciuta. La Gen Z, in particolare, ha priorità e valori differenti rispetto alle precedenti generazioni: non basta più offrire uno stipendio competitivo o benefit aziendali. Ciò che cercano è il senso di appartenenza a una comunità, un sano work-life balance e concrete opportunità di crescita professionale.
Ma come possono le aziende accogliere e far crescere questi nuovi talenti? Come si può creare un ambiente inclusivo e formativo per un ecosistema generazionale così eterogeneo, che va da chi è cresciuto con la TV a chi vive tra uno scroll e l’altro su TikTok?
In questo articolo ti spieghiamo perché è importante sviluppare delle strategie di formazione che funzionano e come adattarle alle diverse generazioni presenti in azienda.
- Perché una buona strategia di formazione è importante
- Come adattare la formazione aziendale alle diverse generazioni
- I consigli degli esperti: ecco cosa funziona oggi
- Il webinar di Factorial

Perché una buona strategia di formazione è importante
Numerosi studi hanno evidenziato l’importanza della crescita professionale per i lavoratori e la necessità, da parte delle aziende, di sviluppare strategie di formazione efficaci. Secondo il Workmonitor di Randstad, pubblicato annualmente, il 76% degli italiani considera la formazione un elemento fondamentale per il proprio percorso lavorativo. Inoltre, il 38% sarebbe disposto a lasciare il proprio impiego qualora non venissero offerte opportunità di apprendimento e sviluppo, mentre il 40% rifiuterebbe un’offerta di lavoro priva di prospettive di crescita personale.
Di fronte a queste esigenze, le aziende sembrano iniziare a muoversi nella giusta direzione: il 30% delle imprese italiane ha infatti aumentato gli investimenti in formazione e sviluppo nell’ultimo anno.
Un altro riferimento importante è il Future of Jobs Report 2025 del World Economic Forum, un’indagine biennale che raccoglie le risposte di oltre 1000 aziende e imprenditori.
Il report ha evidenziato che entro il 2030 circa il 39% delle competenze oggi richieste potrebbe cambiare radicalmente o diventare superato. Allo stesso tempo, il 63% delle aziende individua nella mancanza di competenze adeguate (skill gap) il principale freno all’innovazione e alla capacità di affrontare le grandi trasformazioni in atto.
Proprio per questo motivo, le imprese attribuiscono sempre maggiore importanza a programmi di aggiornamento e riqualificazione professionale, strumenti ormai essenziali per restare competitivi in un contesto in continua evoluzione.
Come adattare la formazione aziendale alle diverse generazioni
Ogni persona è il frutto del contesto in cui è cresciuta. I Baby Boomer (1946-1964) e la Generazione X (1965-1980) sono nati in un’epoca in cui tutto aveva ritmi più lenti, mentre i Millennial (1981-1996) e la Gen Z (1997-2012) sono cresciuti in un ambiente dominato dalla tecnologia, dove le informazioni sono sempre accessibili, in tempo reale, grazie a internet e ai social media.
Queste differenze si riflettono anche sul modo di apprendere. Le vecchie generazioni si sentono più a loro agio in contesti formativi strutturati, come corsi o lezioni frontali, preferibilmente in presenza. Un approccio che si sta affermando con successo è il reverse mentoring, in cui sono i collaboratori più giovani a condividere competenze, ad esempio in ambito digitale, con i colleghi più esperti, che a loro volta trasmettono esperienza e visione strategica. Si tratta di un’occasione preziosa di scambio e arricchimento reciproco, che rafforza le competenze di tutti e contribuisce a costruire una cultura aziendale davvero condivisa.
Le nuove generazioni, al contrario, prediligono esperienze formative dinamiche, rapide e coinvolgenti. Ecco alcune strategie utili da adottare per coinvolgerle al meglio:
- Contenuti multimediali: Millennial e Gen Z sono abituati a consumare ogni giorno una grande varietà di contenuti (immagini, testo, podcast, video). Per loro, apprendere non significa più seguire soltanto una lezione o leggere un documento, ma immergersi in un mix di formati integrati. Un esempio potrebbe essere alternare lezioni frontali (online o in presenza) a video brevi che spiegano un concetto o infografiche per visualizzare un processo.
- Microlearning: è una modalità di apprendimento basata su pillole formative brevi, ognuna focalizzata su un singolo tema o problema. Le sessioni, che durano in genere meno di dieci minuti, possono includere diversi formati: video, quiz, audio, slide animate o testi sintetici. È fondamentale che i contenuti siano ottimizzati anche per l’uso da smartphone, così da permettere una fruizione flessibile, ad esempio durante una pausa o tra una riunione e l’altra.
- Gamification: consiste nell’applicare elementi tipici del gioco, come punteggi, livelli, badge, sfide o classifiche, a contesti che non sono ludici, come la formazione. L’obiettivo è rendere le attività più stimolanti sfruttando meccanismi che il cervello riconosce spontaneamente, come la competizione, il riconoscimento e il senso di progresso. Per Millennial e Gen Z, questa modalità risulta naturale perché richiama il modo in cui interagiscono quotidianamente con i contenuti digitali, ad esempio sui social media. Nell’ambito della formazione, questo si può tradurre in quiz interattivi, simulazioni o anche percorsi a tappe dove ogni modulo sblocca quello successivo.
I consigli degli esperti: ecco cosa funziona davvero oggi
Nel nostro webinar “Come costruire una formazione aziendale che funziona dai Boomer alla Gen Z” abbiamo avuto il piacere di ascoltare il parere di due esperti del settore: Roberta Zantedeschi, Consulente e Facilitatrice HR, e Flavio Cavalli, Director of WEU Retail Training & Store Operations di Xiaomi. Entrambi hanno sottolineato la necessità di introdurre un cambiamento concreto all’interno delle aziende.
Roberta ha parlato di un vero e proprio cambio di paradigma: oggi le aziende non possono più limitarsi a essere semplici erogatrici di corsi, ma devono iniziare a pensarsi come veri e propri luoghi di apprendimento continuo. Questo significa lavorare attivamente su elementi come la partecipazione e il senso di appartenenza, affinché le persone scelgano di coinvolgersi e mettersi realmente in gioco.
Inoltre, ha sottolineato l’importanza dell’apprendimento incidentale, che avviene spontaneamente, ad esempio collaborando con un collega o ricevendo un feedback informale. Secondo Roberta, “per molte persone, in particolare per le nuove generazioni, questi momenti ‘non strutturati’ possono essere anche più efficaci delle lezioni frontali”.
Flavio ha poi posto l’attenzione sulla necessità di progettare un learning path strutturato, ovvero un percorso formativo distribuito nel tempo, composto da tappe diverse e da momenti che includano sia contenuti teorici che esperienze pratiche e sperimentali. Si tratta di un approccio che tiene conto dei diversi stili di apprendimento e favorisce una crescita reale e duratura.
Parlando di misurazione dell’impatto, Flavio ha fatto una distinzione utile: “per le competenze tecniche è più semplice: fai un test e hai una risposta. Le soft skills invece sono più complesse da misurare, perché richiedono osservazione nel tempo. Proprio come co-creiamo il percorso a partire dall’ascolto, dobbiamo anche monitorarlo con continuità. Osservare prima, durante e dopo. E poi sfidarsi insieme per fissare nuovi obiettivi e continuare a crescere”.
Il webinar di Factorial
Vuoi approfondire l’argomento e ascoltare gli interventi completi dei nostri ospiti? Puoi scaricare gratuitamente la registrazione del nostro webinar nel quale abbiamo trattato in maniera concreta diverse tematiche legate al mondo della formazione aziendale:
- Come costruire piani di sviluppo personalizzati, efficaci e sostenibili
- Le sfide e le soluzioni nella formazione di Boomer, Gen X, Millennial e Gen Z
- L’esperienza pratica di chi guida davvero la formazione in azienda