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Vaccinazione dipendenti, ecco come funziona il protocollo INAIL

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8 minuti di lettura
vaccinazione dipendenti

Come funziona la vaccinazione dei dipendenti? Come sarà organizzata la distribuzione del vaccino per il Covid nelle aziende?

La campagna vaccinale prosegue senza sosta, ma non è ancora stata raggiunto un livello di copertura sufficiente a garantire a tutti un completo ritorno alla normalità. Per questo motivo, le aziende (sia associate a Confindustria che non) hanno dato la propria disponibilità a diventare dei veri e propri hub vaccinali per accelerare le procedure di vaccinazione dei dipendenti e dei loro familiari conviventi.

L’obiettivo di 60 milioni di vaccini per il Covid-19 entro la fine di giugno, stilato dal nuovo governo targato Mario Draghi, trarrà quindi un supporto fondamentale dalle aziende, che verranno chiamate a collaborare in maniera attiva nella gestione della campagna di vaccinazione dei dipendenti.

La partecipazione delle aziende dovrà seguire un necessario adeguamento dei protocolli di sicurezza, in modo da permettere ai medici competenti di poter somministrare le dosi in un ambiente privo di rischi, importante soprattutto parlando di aziende di medie e grandi dimensioni, in cui l’adeguamento potrebbe essere più difficile. Per le piccole imprese, si valuta anche l’utilizzo di strutture di enti bilaterali.

La somministrazione comincerà in ogni caso dai soggetti più fragili, gli over 70 e 80, che verranno inviati dalle aziende sanitarie locali. In seguito, si potrà procedere anche alla vaccinazione dei i dipendenti e dei loro familiari conviventi.

In questo articolo, cerchiamo di capire meglio come funziona la vaccinazione dei dipendenti, quali saranno i vari passaggi e cosa devono sapere le aziende per prepararsi al meglio.

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Vaccinazione dei dipendenti: cosa devono sapere le aziende?

ll Garante della Privacy afferma che le procedure di vaccinazione nei luoghi di lavoro dovranno avvenire con il supporto sia fisico e strumentale che economico del datore di lavoro, anche in forma associata, al quale è viene anche richiesto di promuovere la campagna vaccinale.

Ciò avverrà fornendo ai propri dipendenti tutte le informazioni necessarie sulle modalità di svolgimento del servizio vaccinale in azienda e rendendo disponibile, anche attraverso la propria intranet aziendale, la relativa documentazione informativa. Tutte le attività di sensibilizzazione del personale potranno ovviamente avvenire in coordinamento con il relativo medico competente.

Protocollo nazionale per la vaccinazione dei dipendenti

Parti sociali, governo e INAIL hanno firmato, in data 6 aprile 2021, un rigido protocollo nazionale che le aziende dovranno seguire. Gli elementi contenuti nelle indicazioni del protocollo riguardano principalmente i requisiti minimi, le tecniche organizzative, la definizione moduli di consenso al trattamento dei dati personali, la formazione, la programmazione e coordinamento strategico della campagna vaccinale. Il presupposto fondamentale è che la vaccinazione dei dipendenti si integri, senza sovrapporsi, alla campagna vaccinale a livello nazionale, quindi non disturbando le operazioni e partendo quando ci sarà disponibilità di vaccini tale da non interferire o rallentarle.

Chiaramente, la fornitura dei vaccini sarà responsabilità del Commissario Straordinario all’Emergenza così come quella degli strumenti necessari alla somministrazione del vaccino stesso.

Per quanto riguarda la formazione e la registrazione delle vaccinazioni, sono invece le imprese a dover mettere a disposizione i punti vaccinali e sostenerne le spese organizzative. Le aziende che vogliano fornire i propri spazi per l’attuazione della campagna vaccinale dovranno comunicarlo alla propria ASL di riferimento, secondo le modalità disciplinate dalle varie Regioni, alle quali spetta anche la responsabilità di stabilire le modalità di ritiro dei vaccini, sempre a cura del medico competente o del personale sanitario individuato dallo stesso datore di lavoro. Il soggetto che ritirerà il vaccino dovrà garantire la corretta manipolazione, soprattutto per quanto riguarda il mantenimento della catena del freddo.

Saranno all’incirca 680 le aziende che si troveranno ad essere dei veri e propri hub vaccinali al servizio del proprio territorio, dovendo garantire determinate caratteristiche: ambienti adeguati, almeno tre spazi distinti, uno per l’accettazione, uno per la vaccinazione e un terzo per l’osservazione post-vaccinale del paziente (che dura solitamente 15 minuti) e l’utilizzo dei relativi dispositivi medici.

L’azienda dovrà inoltre assicurare la corretta programmazione della seconda dose, nel rispetto delle tempistiche previste dal piano nazionale, con il medesimo vaccino utilizzato per la prima dose. L’intero processo verrà sempre e comunque supervisionato delle autorità sanitarie, che avranno la facoltà di effettuare tutte le verifiche e controlli del caso.

Parlando più concretamente di attrezzatura, in ogni hub vaccinale proposto dalle aziende sarà necessaria la presenza di:

  • Un lettino medico
  • Un carrello per le emergenze
  • Un defibrillatore
  • Un saturimetro
  • Dei frigoriferi medicali
  • Termoscanner
  • Dispenser di gel igienizzante
  • Prodotti per la sanificazione
  • Dei farmaci, tra cui adrenalina, ossigeno in bombole, soluzioni fisiologiche, antistaminici, cortisonici, broncodilatatori.

Vaccino nelle aziende: la garanzia della tutela della privacy

Sebbene il datore di lavoro svolga, di fatto, una semplice attività di supporto, gli è assolutamente proibito trattare i dati personali relativi a qualsiasi degli aspetti legati alla vaccinazione dei propri dipendenti anche nel caso in cui i dipendenti abbiano dato il loro consenso.

L’azienda non potrà infatti raccogliere, direttamente dagli interessati, tramite il medico competente, altri professionisti sanitari o strutture sanitarie, alcuna informazione in merito a tutti gli aspetti relativi alla vaccinazione, inclusa l’intenzione o meno del dipendente di aderire alla campagna, alla conferma dell’avvenuta somministrazione (o meno) del vaccino e ad altri dati sensibili relazionati alle condizioni di salute del dipendente in questione.

Vaccino ai dipendenti: è obbligatorio vaccinarsi?

Una delle domande più frequenti che molte aziende si pongono riguarda la possibilità o meno di queste ultime di obbligare i propri dipendenti a vaccinarsi. Riguardo a questo tema, l’INAIL specifica che:

  • Ad oggi non vige alcun obbligo specifico di aderire alla vaccinazione da parte dei dipendenti
  • L’articolo 32 della Costituzione Italiana è molto chiaro, spiegando che “Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”
  • Il rifiuto del vaccino, viene considerato come libera scelta rispetto ad un trattamento sanitario e, anche se fortemente raccomandato dalle autorità, non può in alcun modo rappresentare un’ulteriore condizione cui subordinare la tutela assicurativa.

Tuttavia, sempre secondo quanto espresso dall’INAIL, relativamente alla tutela della salute e alla sicurezza dei lavoratori esiste già una disposizione relativa alla vaccinazione. Stiamo parlando infatti del Decreto legislativo 81/2008.

La normativa stabilisce, all’articolo 279, che il datore di lavoro, dopo aver consultato il medico competente, debba adottare le misure protettive necessarie tra cui la messa a disposizione di vaccini per i lavoratori non immuni all’agente biologico presente nella lavorazione. La somministrazione spetta sempre al medico competente o al professionista sanitario incaricato.

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Raccolta delle adesioni e prenotazione delle dosi vaccinali

L’adesione dei dipendenti è volontaria e viene raccolta dal medico competente o dal personale sanitario, che valutano l’eventuale necessità di reindirizzare gli stessi presso le strutture sanitarie in base alle valutazione dello stato di salute e nel rispetto della loro privacy.

I dati relativi all’adesione volontaria da parte dei dipendenti deve essere trattata esclusivamente dal professionista sanitario preposto “che potrà valutare preliminarmente specifiche condizioni di salute, nel rispetto della privacy, che indirizzino la vaccinazione in contesti sanitari specifici della Azienda Sanitaria di riferimento, che ne assicura la necessaria presa in carico” come anche ai fini dell’individuazione del numero di dosi necessarie e della tipologia di vaccino da utilizzare.

Il datore di lavoro, al momento della presentazione del piano vaccinale aziendale all’ASL competente per il proprio territorio dovrà limitarsi, in base alle indicazioni fornite dal proprio professionista sanitario, a indicare semplicemente il numero totale dei vaccini necessari per la realizzazione dell’iniziativa presso la propria azienda

Il piano vaccinale dell’azienda, elaborato sotto supervisione del professionista sanitario e presentato dal datore di lavoro stesso, non dovrà contenere alcun elemento in grado di rivelare l’identità dei lavoratori che abbiano aderito (o meno) all’iniziativa vaccinale.

Il professionista sanitario (o la struttura sanitaria in questione), una volta raccolte le adesioni, procederà a pianificare le varie sedute vaccinali adottando, nel trattamento dei dati, le misure tecniche e organizzative idonee a garantire un adeguato livello di sicurezza commisurato al rischio con il supporto, anche economico, fornito dal datore di lavoro.

I dati personali relativi ad adesioni e anamnesi dei dipendenti non dovranno entrare, neanche per errore, nella disponibilità del personale dell’azienda o di altro personale con qualsiasi tipo di funzione aziendale (come, ad esempio, responsabili delle risorse umane) e in generale a uffici o altro personale che normalmente trattino i dati dei dipendenti per finalità legate alla gestione del rapporto lavorativo.

Nei casi in cui il datore di lavoro si rivolga a strutture sanitarie private oppure, in assenza del medico competente, alle strutture territoriali di competenza INAIL, egli stesso adotterà iniziative per consentire ai dipendenti, se interessati, ad aderire all’iniziativa vaccinale, di rivolgersi direttamente alle strutture di cui sopra.

Calendarizzazione del vaccino covid per le aziende

Le aziende potranno fornire ai professionista sanitari indicazioni e criteri riguardanti le modalità di programmazione delle sedute vaccinali senza, in alcun modo, trattare i dati personali relativi alle adesioni dei dipendenti che abbiano deciso di aderire.

Il professionista sanitario potrà elaborare il calendario delle sedute vaccinali prendendo in considerazione, sempre e quando sia possibile, le indicazioni fornite dall’azienda anche, e soprattutto, in base al numero e alla tipologia dei vaccini messi a disposizione dalla struttura sanitaria pubblica e comunque nel rispetto delle “indicazioni tecniche e delle buone pratiche relative a conservazione, preparazione e somministrazione del vaccino”.

Negli hub vaccinali delle aziende non sarà necessario seguire il classico criterio relativo all’età ma sarà possibile procedere in autonomia e senza distinzione di età o categoria dei lavoratori.

Vaccinazione dipendenti: trattamento dei dati e modalità 

Parlando nello specifico del trattamento dei dati personali relativi alla vaccinazione di dipendenti è necessario specificare che solo il medico competente, nella sua specifica funzione di congiunzione tra il sistema sanitario nazionale e lo specifico ambiente lavorativo dell’azienda (nel rispetto delle indicazioni fornite dalle autorità sanitarie anche in merito all’efficacia e all’affidabilità medico-scientifica della somministrazione dei vaccini) può emettere un giudizio riguardo all’idoneità parziale e/o all’inidoneità temporanea per i lavoratori non vaccinati, esclusi i casi nei quali il rischio relativo non possa essere diminuito con l’attuazione di misure di protezione, organizzative, alternative e di uguale efficacia.

Il datore di lavoro, da canto suo, nel momento in cui venga espresso un giudizio di inidoneità alla mansione specifica, è tenuto ad adibire il lavoratore, sempre se possibile, a mansioni equivalenti o inferiori garantendo allo stesso il medesimo trattamento corrispondente alle mansioni iniziali (art. 42 d.lgs. n. 81/2008).

Il discorso cambia nel momento in cui si parla di esposizione diretta ad “agenti biologici” durante il lavoro, proprio come avviene nei contesti sanitari, nei quali trovano applicazione le “misure speciali di protezione” previste per alcuni specifici ambienti lavorativi (art. 279 nell’ambito del Titolo X del d.lgs. n. 81/2008).

Si ricorda che per tutte le professioni sanitarie l’art. 4 del D.L. 1° aprile 2021, n. 44 ha introdotto l’obbligo vaccinale, requisito fondamentale per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati.

Il Garante per la Privacy, in base al documento allegato al provvedimento di metà maggio scorso, si sofferma in modo particolare sulla centralità del ruolo medico competente relativamente alla sicurezza sul luogo di lavoro, nel contesto dell’emergenza epidemiologica da Covid-19  e nel rispetto della divisione necessaria dei ruoli e delle competenze tra il datore di lavoro e il medico competente stesso.

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Vaccinazione dipendenti nelle aziende e assenze dei lavoratori

Le tempistiche previste per lo svolgimento delle procedure necessarie alla somministrazione del vaccino, eseguita durante l’orario di servizio, è equiparata a tutti gli effetti al normale orario di lavoro.

La giustificazione in caso di assenza, sempre e quando venga richiesta, potrà essere fornita con le modalità ordinarie previste dai vari CCNL applicabili, oppure mediante il rilascio all’interessato, da parte del soggetto somministrante la vaccinazione, di un’attestazione di prestazione sanitaria avvenuta e indicata in termini generici.

Dall’attestazione prodotta dal dipendente, ad ogni modo, non deve essere in alcun caso possibile poter risalire al tipo di prestazione sanitaria ricevuta.

L’azienda, fatta salva la conservazione del documento in base agli obblighi previsti dalla legge, dovrà astenersi dall’utilizzare le informazioni per finalità diverse da quest’ultima e non potrà assolutamente chiedere al dipendente di ricevere una conferma dell’avvenuta vaccinazione né tantomeno esigere l’esibizione del relativo certificato vaccinale.

Scritto da Matteo Pizzinato

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Isotta è Content Marketing Specialist in Factorial ed è appassionata di comunicazione, copywriting, social media e HR. Ama la natura, viaggiare e giocare a pallavolo.

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